mercoledì 27 maggio 2015

"Waiting For Something Special" DANNY BRONZINI TRIO


Danny Bronzini è un giovane chitarrista toscano, per la precisione viene dalla Tower City (Pisa).
La sua è una carriera iniziata molto presto ed arrivò a conoscenza del pubblico del circuito toscano del Blues, quando nel 2013 vinse il concorso "Obiettivo Blues", che ogni anno decreta gli artisti che si dovranno esibire prima dei big in cartellone al Pistoia Blues Festival e si esibì, appunto su quel palco, in apertura di B.B. King (quasi un segno del destino).
Allievo del noto Nick Becattini, il "best guitarist in town" da queste parti, il giovanissimo Danny, all'epoca sedicenne, dimostrava già da allora doti non indifferenti alla chitarra, alle prese con brani di Sean Costello, di Buddy Guy, dei Meters e di tanti altri artisti di culto, lasciava a bocca aperta per la facilità del suo fraseggio e per l'assoluta naturalezza con cui affrontava qualsiasi palco, Pistoia Blues compreso.
Sempre con il fido Mauro, suo babbo, come diciamo da queste parti, al suo fianco che lo guardava con occhi compiaciuti e commossi e che fungeva da autista a Danny che, ancora minorenne, necessitava di un accompagnatore sicuro e fidato e Mauro non si faceva certo pregare nel farlo, anzi.

Poi ricordo, tutti iniziarono a cercare Danny, il quale, con la voglia e la bramosia di suonare che aveva, non si faceva certo pregare per farlo e dunque, via con le varie jam e con i progetti uno dietro all'altro.
Cosa questa che, a mio avviso, se da un lato poteva essere ottima per farsi le ossa, dall'altro poteva rischiare di diventare deleteria per la carriera futura di quello che vedevo già come un predestinato.
Se ti vedono dappertutto, si stancano presto di te; è fisiologico.
Non mancai ovviamente di farlo presente sia all'amico Mauro, che mi dette ragione, nonchè a Danny stesso.

Purtroppo, dopo pochi mesi, Mauro il padre di Danny, venne a mancare, lasciando tutti quanti noi e soprattutto il giovanissimo Danny, con un grande vuoto.
Come avrebbe preso adesso Danny questo vuoto? Si sarebbe rinchiuso in se stesso o avrebbe trovato la forza di andare avanti con la sua musica, con ancora maggiore forza, spinto dalla volontà del babbo che, sicuramente, avrebbe voluto questo?

Danny si è rimboccato le maniche, ha chiamato a se due ottimi musicisti a fargli da sezione ritmica, Carlo Romagnoli al basso e Davide Malito Lenti alla batteria e con il suo progetto Danny Bronzini Trio ha cominciato a macinare serate, arrivando a chiudersi in studio per dare alle stampe il suo primo album, questo "Waiting For Something Special" di cui voglio parlarvi.

Vi dico subito che il disco è bello, molto bello.
Danny è cresciuto tantissimo, soprattutto a livello vocale.
Si sente che, nel frattempo ha fatto quello che ogni musicista dovrebbe fare, ha cioè ascoltato molto. ha ascoltato di tutto e, soprattutto, ha assimilato molto.
Tutto questo si è tradotto nella sua musica. Il suo non è assolutamente un album di blues, come in molti si sarebbero aspettati, o meglio, il blues c'è ma è velato, si sente benissimo che le radici di Danny sono quelle, però l'album è molto vario.
Le composizioni ci sono, robuste, ad iniziare dal brano che è stato lanciato come primo videoclip, quella "Always On my mind" che, appena apparsa su youtube, mi sono ascoltato dieci volte di fila (giuro!), il classico brano che ti si infila in testa, nella pelle e che ti trasporta fuori, d'estate, in macchina, su una bella strada dritta, con i pensieri che vanno da tutte le parti.
La chitarra di Danny, nel suo breve assolo, non è mai invadente ma è misurata, oserei dire un po' alla Clapton.
Con il secondo brano "I'm Lost" siamo decisamente catapultati dalle parti di Memphis, in quelle produzioni della "Hi-Records", con Willie Mitchell alla regia e dove Al Green ci faceva sognare con la sua voce e dove un Hammond fungeva da contrappunto.
Questo brano mi ha ricordato molto alcune cose ascoltate anche nell'ottimo "Memphis" (appunto) inciso da Boz Scaggs nel 2013. Anche in conclusione di questo brano c'è un brevissimo assolo dolcissimo alla chitarra di Danny.

"Whenever You Need Me" è una bella ballata che, anche questa, ti entra immediatamente in testa, come pure le altre due ballate del disco "Dreaming" e "I Can Touch The Sky".
"Wild Night" è un robusto brano rock/pop, dove il trio ci fa vedere di che pasta è fatto quando c'è da mostrare i muscoli, come anche "Loving You", mentre "Desperate Love" è un bel reggae.
Mi sono venute alla mente svariate cose ascoltando questo disco, che ovviamente consiglio a tutti, ho pensato a quanto sono eclettici e non imprigionati in clichè gli artisti  giovani, quelli vale a dire che adesso hanno intorno ai trenta-trentacinque anni e che, pur partendo dal blues, nei loro dischi  invece mischiano svariati generi, dal pop di classe, al rock più duro; mi viene ad esempio da pensare a nomi come John Mayer, come Kenny Wayne Shepherd o come il povero Sean Costello che a quella età, purtroppo, non c'è mai arrivato.
Danny ha solo 19 anni ed è un talento vero, puro, cristallino, che ha fatto sue tutte le cose ascoltate, frullandole assieme e regalandoci un mix davvero gustoso in questa sua prima opera, opera dal respiro assolutamente internazionale.

Tra l'altro, notizia di poche settimane fa, il giovane talento toscano è stato assoldato da Lorenzo Cherubini (Jovanotti) che cercava un altro chitarrista da affiancare al suo fido (bravissimo) Riccardo Onori al quale Jovanotti aveva detto di scandagliare i fondali per trovare un nome nuovo, un po' tipo come Rocky Balboa, alla ricerca di qualcosa di fenomenale.
Riccardo non si è fatto pregare e, una volta proposto la cosa a Danny, il quale ovviamente ha accettato, lo ha presentato così: "questo fa paura, è un ragazzino ma suona come Stevie Ray Vaughan, giuro!".
Così tra pochi giorni il "ragazzino" si troverà a passare dai pubs, dove suonava fino a ieri, a calcare palchi davanti a cinquantamila persone.
D'altronde anche Stevie Ray, prima di diventare quello che poi è diventato, andò in tour con David Bowie!
Bravo Danny, te lo meriti.

Sono certo che Mauro da lassù avrà un sorriso incredibile sul suo volto e gli occhi gli brilleranno ancora di più.

giovedì 21 maggio 2015

"FUNKENYA!" Sam Paglia Trio

Ricevuto proprio poche ore fa il pacco contenete il nuovo ultimo lavoro di Sam Paglia, che arriva a ben quattro anni dall'ultimo bel disco "The Last Organ Party" del 2011 appunto.
Sam, oltre che essere un amico, è un personaggio davvero particolare nel panorama musicale nostrano.
Fa parte di quella stirpe di artisti di culto innamorati di un periodo storico che va dalla fine degli anni '60 alla metà degli anni '80 e che comprende quell'adorabile mix di cose un po' ammerrigane e un po' nostane; un medley di Funk, Soul, Hammond, Fender Rhodes, Cedrata Tassoni,  Moplen e Cesenatico.
Ha licenziato a suo nome ed a nome del suo trio ben sette album ed un paio di 7" che un manipolo, non numeroso come meriterebbe il materiale in questione, di fans affezionatissimi me compreso, si tiene ben stretto.
Tutti dischi godibilissimi e notevolissimi, contenenti in alcuni casi delle chicche che se fossero state incise in un decennio meno vuoto di quello attuale, avrebbero avuto sicuramente gli onori che meritano, a livello commerciale intendo. Come non citare, a dimostrazione di quello che sto dicendo, la sua "Continental 70", contenuta nel suo album "Nightclubtropez" del 2000 che se fosse uscita, chessò
, nel 1968, avrebbe potuto tranquillamente essere la sigla finale, quella con i titoli di coda, di un programma in bianco e nero di Antonello Falqui come "Studio Uno" ad esempio.

Dal vivo poi, il nostro è divertentissimo ed il consiglio che vi do è quello di non perdervelo se capita dalle vostre parti; la serata è garantita e vi sembrerà di entrare in quei clubs fumosi degli anni '70, frequentati da una fauna che solo chi ha vissuto quegli anni e quei particolari locali può ricordare, dove la mignotta di turno era seduta al tavolo del malavitoso con gli anelloni d'oro ed il sigaro in bocca e dove fuori c'è parcheggiata la Ford Taunus di Sam appunto.

Il nuovo "Funkenya!" è disco estremamente godibile , tra brani che rispecchiano in pieno il suo stile, come l'iniziale "Brockley Jack", destinato sicuramente a diventare un suo classico live o le covers di "Can You Do Whitout" dei Meters e "VJC" di Clifford Coulter autore di tre albums targati 1970-71 e 80, l'ultimo dei quali prodotto da Bill Withers di cui Sam ci offre una bella versione di "Kissing My Love".
Il brano che da il titolo al disco "Funkenya!" che avevo già avuto modo di ascoltare in versione live, durante un suo concerto dalle mie parti di un po' di tempo fa è un brano totalmente sperimentale, che oserei definire psychofunk, Brano che dal vivo si presta sicuramente ad essere allargato a dismisura, fino a raggiungere durate che erano pensabili solo nei concerti di certe bands che, nei primi anni settanta, riuscivano ad eseguire anche soltanto due-tre brani a concerto, tanto lunga era la durata degli stessi.

"Sorry Baby" cantato dal nuovo membro del trio Francesco Minotti, è il classico brano in cui potrete prendere la vostra pupa e, con uno sguardo alla Clark Gable, se non vi ride in faccia, baciarla ardentemente sotto la luna su una spiaggia.
L'album si conclude con una cover dove, chiunque altro, avrebbe potuto farsi davvero male. Non è facile infatti riproporre brani di quell'autentico talento che fu Donny Hathaway; Sam invece non si fa certo prendere da inutili timori e le sue dita sul suo fido Hammond riescono a farci innamorare anche di questa sua grassa rilettura.

L'artwork della copertina è curata da Sam Paglia stesso, che oltretutto è un ottimo disegnatore.

Il Trio si compone di:
Sam Paglia- Hammond, Clavinet, Minibasso Bustacchio, Fender Rhodes e Wurlitzer Electric
Francesco "Kekko" Minotti- Vocals, Guitar,Harmonica, Electric Bass
Simo Paglia- Drums, Electric Bass, Minibasso Bustacchio, Vocals.

Disco consigliatissimo.





martedì 19 maggio 2015

Il BLUES non morirà mai, oggi però se n'è andata una bella fetta. Addio B.B. King.

Il 14 Maggio 2015 verrà ricordato come il giorno che ci ha lasciato il Re del Blues.
B.B. King è infatti morto a Las Vegas all'età di 89 anni.
Negli anni, a partire dal lontano 1980, quando lo vidi per la mia prima volta, concludere la prima edizione del Pistoia Blues Festival, alle 4 del mattino, dopo che prima di lui aveva suonato Muddy Waters, ho avuto occasione di lavorare al suo fianco molte altre volte, sempre al festival toscano.


Chitarrista unico, elegante, raffinato, in possesso di un inconfondibile vibrato fatto con la sua mano sinistra è stato indubbiamente un vero e proprio caposcuola, importantissimo all'epoca nell'influenzare i numerosi chitarristi inglesi degli anni sessanta che dettero vita alla cosidetta rinascita del Blues, partita proprio dall'Inghilterra.
Uomo dotato di un'umanità, di una educazione e di una gentilezza difficilmente riscontrabili in altri artisti del suo calibro. Di questo ne sono personalmente testimone, tanto che alla notizia della sua morte, purtroppo nell'aria già da alcuni giorni precedenti, non ho difficoltà ad ammettere che mi sono scese spontaneamente le lacrime.

Tralasciando la storia di questo immenso artista, per raccontare una storia del genere non basterebbe un volume intero, racconterò un paio di semplici episodi che mi sono accaduti durante le occasioni che ho avuto di accompagnarlo sul palco e che adesso terrò strette al cuore come ricordi tra i più preziosi di tutta la mia carriera.

Era l'edizione del 1990 e B.B., pur non essendo al meglio della suo forma fisica (era stato ricoverato in ospedale pochi giorni prima a causa dell'aggravarsi della malattia che già da molto lo affliggeva, il diabete), aveva comunque tenuto sul palco di Pistoia un'altra esibizione magistrale, all'epoca la sua quarta al Pistoia Blues (ne conteremo nove alla fine).
Lo stavo accompagnando dal palco verso i camerini.
Chi ha avuto occasione di vederlo dal vivo, sa benissimo che lui, al termine del suo set, era uso regalare al suo pubblico alcuni plettri recanti la sua firma e varie spillette con la forma di "Lucille", la sua fida Gibson, cosa che puntualmente fece anche in quella occasione.
Mentre ci dirigevamo appunto verso i camerini, lui tutto soddisfatto per la sua esibizione, per ringraziarmi del servizio che gli offrivo nell'accompagnarlo illuminandogli gli scalini con la mia torcia elettrica, si fermò, mi sorrise con quel suo sorriso bonario, si frugò in tasca, ne estrasse una spilla e me la mise in mano ed io, di rimando, gli risposi con un sorriso sincero.
Durante il tragitto, una ragazza che si trovava all'interno del backstage, forse un'addetta al catering, gli si avvicinò e gentilmente, dopo averlo salutato, gli domandò anch'essa una della sue famose spille.
B.B. si frugò nuovamente nelle tasche, tutte, però il suo sorriso si adombrò quando si accorse di non averne più nemmeno una.
A quel punto mi sentii come in dovere di offrire la spilla che l'artista mi aveva regalato pochi attimi prima alla ragazza che l'accettò contentissima.
B.B. apprezzò moltissimo questo mio gesto e mi battè la mano sula spall, esclamando "You're a gentleman...a real gentleman!". Io, ovviamente, mascherai benissimo il mio ovvio dispiacere di essermi privato di un così bel ricordo ma tant'è, avevo fatto in fondo la cosa giusta.

Una consuetudine che B.B. King aveva in quel periodo, era quella di rilassarsi e rifocillarsi per un'oretta e mezza nei camerini, prima di risalire in macchina e ripartire per il suo albergo, cosa che puntualmente fece anche in quella occasione.
Quando venne il momento, lo accompagnai alla macchina, salutai lui ed il suo autista e mi avviai verso la breve salita che porta al backstage, quando all'improvviso mi sentii chiamare; mi voltai e vidi l'auto appena partita, ferma in fondo alla discesa; corsi immediatamente verso la macchina, pensando a cosa mai poteva essere accaduto.
Arrivato li vidi B.B. King che con un sorriso smagliante stampato sul volto, mi porse una spilletta raffigurante "Lucille" che, evidentemente, aveva ritrovato in macchina!
A circa due ore di distanza si era ricordato di me e del mio gesto nei confronti della ragazza.
Ancora oggi, tutte le volte che ci penso, mi sembra un gesto ed un pensiero davvero incredibile.

Quest'altro piccolo aneddoto invece riguarda l'ultima sua esibizione tenuta dal Maestro a Pistoia, durante l'edizione del 2012.
In quell'edizione B.B., non in perfette condizioni di salute ed oramai piuttosto avanti con gli anni, suona tutto il concerto da seduto, intrattenendo però il pubblico come solo lui sa fare.
Durante il suo set, mentre stava eseguendo "You Are My Sunshine", accadde una cosa bellissima: si fermò e chiese al pubblico una specie di gesto d'amore, un bacio che ogni uomo avrebbe dovuto dare alla propria donna.
Li per li quasi nessuno capì quello che l'artista stava chiedendo, tanto che B.B. prese la sua Lucille e la baciò, guardando interrogativamente il pubblico delle prime file ed esclamando di non vedere nessuno baciarsi.
A quel punto, io che mi trovavo davanti al palco a coordinare la sicurezza, richiamai la sua attenzione con un gesto e, visto che Francesca, la mia ragazza, si trovava dalla parte opposta del palco, andai verso di lei e le stampai un bel bacio sulla bocca, sotto gli occhi, che brillavano di entusiasmo, di B.B. King, il quale mi indicò al pubblico con una bella risata esclamando "Give me a yeah for him!!!".
Successivamente, nel tratto che dal palco va alla scala, mi dette la mano ringraziandomi e dicendomi che era stato molto bello il mio gesto d'amore!

Nel mondo c'è sempre un gran bisogno d'amore e B.B. King, oltre che uno dei più grandi ed influenti chitarristi della storia, è stato anche un grande messaggero d'amore.
un uomo buono, un uomo dagli occhi buoni.
Mi mancherà tantissimo.



Si dice sempre che il Blues non morirà mai. Adesso se n'è però andata una bella fetta.