lunedì 30 novembre 2020

David Honeyboy Edwards, Robert Johnson, Pistoia ed altre storie di Blues

 David Edwards, conosciuto come "Honeyboy" , era nato nel Mississippi e più precisamente a Shaw, il 28 giugno del 1915.


Honeyboy era uno dei musicisti, dell'epoca leggendaria del blues sopravvissuti al nuovo millennio, che potevano realmente tramandare la leggenda di Robert Johnson. La sua vita infatti si intrecciò con quasi tutte le leggende del blues, tra cui Robert Johnson appunto, Charlie Patton, Big Joe Williams, Muddy Waters, Sonny Boy Williamson, Howlin' Wolf, Lightnin' Hopkins, Little Walter, Magic Sam.

Il suo nome fu addirittura registrato nel 1942 da Alan Lomax nella biblioteca, di fatto, più grande del mondo, la Library of Congress, cioè la Biblioteca Nazionale degli Stati Uniti.

Honeyboy incise il suo primo album, dal titolo "Who May You Regular Be" nel 1951 per la "ARC Records".

Nei primi anni '50 si trasferì in quella che pare quasi una tappa obbligatoria per i musicisti provenienti dal Mississippi, vale a dire Chicago, dove registrò alcuni brani per la oramai celelebre "Chess Records" rimasti inediti per molti anni e dove partecipò, assieme ai giovani musicisti inglesi dei Fleetwood Mac, alla "Blues Jam At Chess".

Nel 1972 incontrò Michael Frank, assieme al quale fondo la Honey Edwards Blues Band, con cui ottenne un buon successo suonando nei locali del North Side.

Successivamente, nel 1979, registro l'album "Old Friend" assieme ai suoi vecchi amici Sunnyland Slim, Big Walter Horton, Kansas City Red e Floyd Jones.

Leggenda narra che Honeyboy fosse presente addirittura quando Robert Johnson morì in una lontana notte di agosto nel 1938, avvelenato da un marito geloso ed in futuro si trovò molte volte a dover raccontare ai vari giornalisti curiosi, una volta che il nome di Robert Johnson sarebbe divenuto mitologico, questa storia. Si sa però bene come vanno certe cose e di come risulti difficoltoso distinguere tra realtà e leggenda.

Honeyboy raccontava che Robert Johnson aveva iniziato ad avere una relazione con la donna del titolare di un locale, dove suonava assieme a lui ed a Sonny Boy Williamson II, a Greenwood, piccolo centro agricolo, e la voce in breve si sparse. Lei pare fosse una donna bellissima dai lunghi capelli corvini; sembra però che il marito non avesse alcuna intenzione di perdere la sua donna ad opera di quel musicista dalle mani con dita lunghissime, così una sera lo avvelenò passandogli una bottiglia di whisky priva del tappo, all'interno della quale aveva messo del veleno. Johnson, complice l'adrenalina per l'esibizione e la presenza della bellissima donna, la portò alla bocca e la bevve senza alcuna esitazione.

Quando Honeyboy andò a trovarlo più tardi, Robert Johnson stava male ed aveva la febbre. Purtroppo mori la notte stessa e fu immediatamente seppellito, visto che non era in possesso di nessuna assicurazione.

Honeyboy diceva che Robert Johnson andava pazzo per le donne ed il whisky ma, allo stesso tempo era un bravo ragazzo che suonava il blues con più facilità di chiunque altro e che, se avesse lasciato in pace la moglie di quell'uomo, probabilmente avrebbe vissuto più a lungo.

Ovviamente questa era la versione di Honeyboy Edwards sulla morte del celebre musicista, versione confermata anche da Sonny Boy Williamson II, presente anche lui in quella maledetta sera.

C'è però anche un'altra ipotesi sul destino del leggendario Robert Johnson ed è quella che riguarda il famoso incontro al "crossroads", quella del famoso patto con il diavolo in persona e questa resta l'ipotesi più suggestiva e per certi versi affascinante.

Dopo alcuni anni da quel.leggendario incontro fatto al "crocicchio", il diavolo avrebbe riscosso il pegno richiesto al giovane Robert in cambio di farlo diventare, da onesto mestierante qual'era, un grande chitarrista blues, pegno che consisteva nell'entrare in possesso della sua anima.

Tre lapidi sparse per il Mississippi raccontano che tipo di leggenda fosse Robert Johnson e di come la sua anima venduta al diavolo sia divenuta immortale, come la musica da lui suonata, musica del diavolo appunto.

Alcuni anni fa sono stato proprio a Clarksdale, in compagnia della mia ragazza e chiedendo ai vecchi bluesman che popolano le via della città, chiarimenti sul famoso "crossroads", praticamente tutti mi dissero che il famoso cartello che indica l'incrocio tra la Highway 61 e la 49, è stato posto li per le foto da far fare ai turisti ma che in realtà "...i'ts  Hollywood shit...!", la definivano proprio così ed in molti aggiungevano che se volevamo trovare "the real crossroads" dovevamo lasciarci guidare dal cuore e trovarlo tra i numerosi incroci fuori dal centro del paese. Così facemmo e trovammo quello che secondo noi era il luogo magico e vi assicuro che la sensazione che provammo fu veramente forte e, cosa davvero incredibile, la provammo assieme visto che, una volta arrivati a quell'incrocio ci guardammo  e vedemmo l'uno negli occhi dell'altra una luce fortissima che ci fece immediatamente capire di trovarci nel posto giusto.

Ebbi la fortuna di incontrare David "Honeyboy" Edwards la prima volta al "Pistoia Blues" del 1993 quando il vecchio bluesman, all'epoca già 78enne, propose un set di puro blues.

Salì sul palco imbracciando una Gibson semiacustica, in perfetta solitudine ed indossando un cappellino da baseball con su la scritta "Pearl Jam". Il blues di Edwards faceva della passione la sua arma migliore; note di slide tirate a lungo, sofferte, facevano da contrappunto alla sua voce, ora dolce, ora possente, a volte roca. Dai suoi brani traspariva tanta ma tanta passione, a volte anche dolorosa.

"Sweet Home Chicago", "Catfish Blues", brani già sentiti mille altre volte ma eseguiti con una passione ed una intenzione a cui raramente mi era stato dato di assistere.

David "Honeyboy" Edwards ci avrebbe lasciato per un attacco di cuore il 29 agosto del 2011, all'età di 96 anni, portando con se i ricordi vissuti di una grossa parte della storia del blues, quella diventata autentica leggenda.