mercoledì 30 dicembre 2015

My Best Of 2015



Questi di seguito sono, non in ordine qualitativo, i dischi, tra quelli ascoltati, che più mi sono piaciuti nell'anno appena trascorso:


CHRIS STAPLETON: “Traveller”
NATHANIEL RATELIFF & THE NIGHT SWEATS: Nathaniel Rateliff & The Night Sweats”
ANDERSON EAST: “Delilah”
KEITH RICHARDS. “ Crosseyed Heart”
JAMES McMURTY: Complicated Game”
SLY STONE: “I'm Just Like You”
GARY CLARKE Jr.: “The Story Of Sonny Boy Slim”
GREGG ALLMAN: “Back To Macon, GA”
BOB DYLAN: “Shadows In The Night”
BILLY GIBBONS: “Perfectamundo”
WARREN HAYNES: “Ashes & Dust”
BRUCE SPRINGSTEEN: “The Ties That bind- The River collection”
FRANK GET: “Rough Boy”
SEASICK STEVE: “Sonic Soul Surfers”

Concerti:

LENNY KRAVITZ- Lucca Summer festival 26 July 2015
CHRIS STAPLETON- Pilgrimage Music Festival (Franklin, Tennessee) 27 September 2015
WILLY NELSON- Pilgrimage Music Festival (Franklin, Tennessee) 27 September 2015
DAVE MATTEWS BAND- Mandela Forum (Firenze) 18 October 2015

domenica 25 ottobre 2015

USA 2015- Alla scoperta del Sud

Eccomi a voi.
Arrivati ieri a Houston, Texas, dove appena preso contatto, abbiamo avuto il primo approccio con la gentilezza di questa gente e con l'alta considerazione che una buona parte degli americani ha di noi, almeno quelli del versante West ed il primo che abbiamo incontrato qui al Sud.
Eravamo da "Alamo", il rent car dove abitualmente noleggiamo auto; bene, avevamo prenotato una medium car, come lo scorso anno ma, la ragazza che ci ha guidato verso il settore delle medium car,appunto, ci ha detto che, visto che secondo lei non c'erano macchine di buonissima qualita' avremmo potuto scegliere una macchina di livello maggiore senza alcuna spesa aggiuntiva.
Felicissimi, abbiamo scelto una 4x4, nella fattispecie una Chevrolet Captiva.
All'interno, non riuscivamo a trovare l'accendisigari per poter ricaricare il cellulare ed abbiamo chiesto ad un responsabile, un distinto signore di colore.
Al momento della richiesta, ha capito che eravamo italiani ed ha chiesto alla Fruz di specificare la sua richiesta nella nostra lingua...ha alzato gli occhi al cielo, allargando le braccia ed ha esclamato che la nostra lingua e' autentica poesia!
Ha detto di essere stato ben cinque volte in Italia, due delle quali proprio a Firenze!
Ci ha guardato ed ha detto: per voi, allo stesso prezzo, ho qualcosa di decisamente meglio di questa macchina qua!
E' sparito e, dopo poco, e' tornato con una fiammante Jeep Grand Cherokee!
Della serie: per il solo fatto di essere italiani e di venire da Firenze, abbiamo avuto una macchina dal costo doppio di quella che avevamo prenotato.
Amo questo posto!
Arrivati l'altro ieri, dopo aver noleggiato la macchina, come vi ho raccontato, abbiamo fatto un giro per Houston, assaggiando immediatamente il traffico congestionato della downtown ed alla sera abbiamo assaggiato il miglior cibo messicano che mi sia mai stato dato di gustare.
Al mattino successivo, dopo una classica colazione all'americana, ci siamo messi in viaggio. 
Prima tappa una localita' non certamente turistica ma, per chi come noi ama la Musica ed il Cinema, molto significativa; Galveston Bay infatti e' un bellissimo brano di Bruce Springsteen incluso nell'album "The Ghost Of Tom Joad" ed ha inspirato Il regista Louis Malle per il suo stupendo film "Alamo Bay", con uno stratosferico Ed Harris.

Ci siamo diretti poi verso Porth Arthur, citta' che ha dato i natali a Janis Joplin.
Vedendo oggi la cittadina, viene da immaginarsi il perche' Janis, nella seconda meta' dei sessanta, decise di abbandonarla in favore di una, certamente piu' elettrizzante, San Francisco.
Adesso e' praticamente una citta' spettrale, con negozi, banche, distributori di benzina e attivita' abbandonate e lasciate li a simbolo di un luogo che, gia' all'epoca doveva essere piuttosto triste.
Quasi totalmente abitata da persone di colore ed anche piuttosto inquietante se viene immaginata al calare delle tenebre.
In mezzo a tutto questo squallore, vi si erge, come una perla nel deserto, un piccolo museo dedicato alle personalita', sia sportive che artistiche, nate in questo luogo e nelle vicinanze. Ovviamente una larga parte del museo e' dedicata a Janis.

Anche li, il solo fatto di essere italiani, ci ha fruttato un piccolo dono da parte del personale al momento dei saluti.
Siamo poi passati per Beaumont, luogo che ha dato i natali a Johnny Winter ed a Larry Graham e dove c' e' uno stupendo museo dedicato alla locale stazione dei pompieri, con proprio di fronte l'impressionante idrante piu' grande del mondo.
Lasciato il Texas, che ritroveremo piu' avanti, ci siamo diretti verso la Louisiana dove, dopo una cena a bas di crawfish, siamo stati in un celebre locale, il "Blu Moon Saloon" dove
abbiamo assistito al concerto di Cedric Watson & Bijou Creole, una band che suona Zydecho e Musica Creola.
Il locale e' un piccolo e caratteristico saloon che puo' contenere un centinaio di persone ed e' impressionante la voglia di divertirsi dei suoi frequentatori, gente di tutte le eta' che balla continuamente scambiandosi le dame ed e' bellissimo veder ballare magari un ragazzo di vent'anni assieme ad una signora di settanta. Cose impensabili da noi.
Alla prossima.
Dopo un bel giro nella Louisiana piu' rurale, nella fattispecie a Beaux Bridge, siamo andati a Lake Martin a provare il brivido di un giro all'interno delle paludi.
Entrare li dentro con una piccolissima imbarcazione mi ha portato alla mente autentici capolavori della cinematografia, come "Deliverance" (Un Tranquillo Weekend di Paura), o "Southern Confort " lo stupendo film di Walter Hill uscito da noi con il titolo de "I GuerrIeri Della Palude Silenziosa".
La bellezza mozzafiato del Bayou, parola indiana che significa streem of water, il punto cioe' dove l'acqua non ristagna e la bellezza inquietante dello Swamp dove, viceversa l'acqua stagnante crea un panorama quasi lunare, con l'effetto creato dagli alberi incredibili con le foglie che formano quasi un tappeto sull'acqua dove questi sono immersi, sono una visione che ti lasciano veramente a bocca aperta.
Abbiamo visto grossi alligatori a pochi centimetri da noi ed addirittura una "cucciolata" di Baby Gator, con la loro mamma che sorvegliava attenta a pochi metri.
Un'esperienza che non dimenticheremo facilmente.
Alla sera, dopo circa tre ore di viaggio, siamo arrivati a New Orleans e, dopo una cena a base di fritto di granchio e gamberetti (fenomenale) secondo tradizione locale, ci siamo immersi nella notte di New Orleans.
Qui mi resta davvero difficile spiegarvi con parole quello che e' la notte in questo luogo.
Posso dirvi solo che, dopo pochi minuti, io e Francesca, ci siamo trovati coinvolti in una piccola folla di gente al seguito di una marching band, che attraversava il quartiere francese. Ci hanno messo al collo enormi catene colorate ( a me una dorata, si vede che mi conoscevano gia', con una enorme corona recante la scritta "Mardi Gras") e ci siamo ritrovati a ballare per le strade assieme a persone completamente sconosciute fino ad un attimo prima!
L'atmosfera che regna in questo quartiere e' quella di una gigantesca festa totale, con Musica dappertutto ed una sana follia generale.....bellissimo.
Adesso avremo altri due giorni di soggiorno qui a New Orleans, dove cercheremo di scoprire. meglio i segreti di questa magica citta'.
Domani, dopo una permanenza di tre giorni, lasceremo New Orleans, con il suo Blues, i suoi riti voodoo, i suoi alligatori, i suoi mille locali di Musica live nel quartiere francese e tutti i mille e piu' personaggi stralunati che abbiamo incontrato nella nostra breve permanenza.
Questa e' una citta' che riesce a stenderti. Bellissima nella downtown e nei suoi quartieri francesi appunto, se pero' esci da queste zone, riesce a condensare appieno le mille contraddizioni di questo grande Paese; dietro luoghi meravigliosi e pieni di atmosfere fantastiche, ma proprio dietro l'angolo, si celano baraccopoli abitate (?) da gente che dalla vita non ha che da chiedere poco piu' di una misera sopravvivenza.
Forse sono io che non riesco ad abituarmi a certe cose, oramai molto vicine anche a noi, pero' questo resta un lato davvero inquietante di questo Paese che, nonostante tutto io amo moltissimo.
Ho trovato questa cosa in maniera ancora piu' marcata qui che, addirittura, a Los Angeles.
In questi due giorni abbiamo visitato la celebre Congo Square, che adesso ha preso il nome di Louis Armstrong Park, dove appunto c'e' l'enorme statua di Satchmo, la vecchia abitazione di Willie DeVille in St.Peter St. Al numero 1015, nell'elegante quartiere francese; ci siamo ubriacati di Musica nei mille clubs della notte della cosidetta “Big Easy”, abbiamo mangiato gumbo e alligators, bevuto birra locale e conosciuto personaggi incredibili.
Ieri sera ad esempio, ci siamo fermati in un paio di clubs, dove ci sembrava di sentire qualcosa che si elevava di una spanna rispetto alla qualita' gia' altissima delle cose che ascoltavamo. Ho detto alla Fruz di ascoltare una giovane band che faceva covers di Soul Music ma che aveva tra le sue fila un bassista un po' piu' attempato dal suono preciso e potente; bene, lui era nientemeno che David Barard, il bassista del posto che in passato ha suonato con i Chocolate Milk e con Dr. John, con i Neville Brothers e con mille altri; ci avevo visto giusto insomma.
Poco piu' avanti, in un altro club, c'era una band con un chitarrista un po' avanti con gli anni, personaggio pazzesco, con un bel dentone d'oro davanti ed i pochi capelli raccolti in treccioline sotto ad un cappellino di paglia, chitarrista Blues di razza che, tra l'altro, ci ha fatto ascoltare una "Voodoo Chile" come non molte altre volte mi e' capitato di ascoltare; il suo nome e' Bluesboy George e non lo avevo mai ascoltato prima.
Questo tizio, ricordate ve ne parlai il giorno successivo che lo vidi, si chiama BluesBoy George, chiesi a lui il suo nome perchè non lo avevo mai visto prima, suonava in uno dei mille locali di Borboun Street nel quartiere francese di New Orleans.
Avrà avuto una settantina d'anni ma portati alla stragrande e con un carisma pazzesco che mi ha attanagliato in quel locale a seguire il suo set per una ventina di minuti.
Ho registrato uno straccio di una "Voodoo Chile", a New Orleans, la patria dei riti Voodoo, tiratissima; anche gli altri brani non scherzavano (ricordo un Blues bellissimo e sofferto).
Cappellino a coprire i pochi capelli raccolte in treccine con conchiglie, un incisivo mancante e l'altro d'oro, davvero un gran personaggio BluesBoy George...God bless You!!!
Domani comunque prenderemo armi e bagagli in direzione Memphis.
Alla prossima amici miei.
Oggi giornata dedicata al viaggio.
Lasciata la Louisiana, ci siamo diretti verso uno Stato sicuramente molto ma molto meno turistico, il Mississippi.
Attraversando i luoghi dalla interstate, circa tre ore e mezza di macchina per arrivare alla prima meta, vale a dire Bentonia, un paesino di cento anime ma per noi meritevole di una visita, perche' qui si trova il Blue Front Cafe', istorico juke joint che ha avuto un ruolo rilevante nello sviluppo del Blues, dato che e' stato il luogo di nascita del Cosiddetto Bentonia Blues ed il caffe' fu il primo a servire addirittuta la coca cola agli avventori di colore, visto che, all'epoca vi era divieto assoluto per i neri bere questo tipo di bevande.
Subito dopo la nostra macchina si e' diretta verso una meta immancabile per noi, vale a dire Indianola, dove e' sepolto il re del Blues, il nostro amato B.B.King.
Il Re riposa in un prato (ancora non e' stato allestito nulla di quella che diverra' a breve una specie di Graceland dell'altro Re, quello bianco), dietro ad un Museo a lui dedicato.
Museo che abbiamo ovviamente visitato ed abbiamo trovato meraviglioso.
Mi sono sinceramente commosso di fronte al prato dove Lui e' sepolto; e' risaputo che ho sempre amato moltissimo la sua Musica ma, soprattutto la Persona stupenda che era e, trovarmi li davanti, e' stata per me una grande emozione.

Indianola e' comunque un posto quasi totalmente abitato dalla comunita' nera e, durante il nostro girovagare con le macchine fotografiche al collo, ci siamo infilati anche in zone piuttosto a rischio, tanto che siamo dovuti svicolare dalla insistenza di un attempato signore totalmente strafatto di crack, che cercava di spiegarci cos'era un locale che noi stavamo fotografando, in cambio ovviamente di soldi; me la sono cavata con un : non capisco la tua lingua, bona, ci vediamo...! Anche perche' un altro gruppetto di tipi non proprio raccomandabili osservava la scena da non molto distante.
I luoghi sono, in alcuni casi, anche piuttosto inquietanti, pero' il panorama che si osserva durante il viaggio e' davvero incredibile; campi di cotone a dismisura ed una immensita' di panorami che gli occhi faticano, in alcuni momenti, a contenere.
Adesso,dopo un altro paio d'ore di macchina, sulla celebre Highway 61, siamo in un albergo a Cleveland; domani volgeremo il muso della nostra Grand Cherokee verso Memphis.
In una gas station del profondo Mississippi, questo mio oggetto (un semplice portamonete che noi chiamiamo semplicemente "tacco"), ha ottenuto un successo fenomenale, al punto di radunare un po' di persone che hanno voluto sapere tutto, ma proprio tutto circa l'oggetto in questione, provenienza, utilità, materiale con cui è fatto, eccetera.
Mi hanno addirittura chiesto di toccarlo.
Buffissima sta cosa, perché sentirli parlare con questo accento marcato del Sud e vedere le loro facce compenetrate su di un semplice portamonete, mi ha fatto pensare a quale potrebbe essere la mia futura occupazione qui negli States.
Mi vedo già : Martini “the King of Taccos”
La tappa di oggi, per chi come noi e' amante del Blues, era una tappa immancabile, imprescindibile; praticamente il posto dove, come narra la leggenda o verita' che sia, e' nato tutto; quell'incrocio tra la 61 e la 49 dove un giovane Robert Johnson decise che avrebbe ceduto la sua anima ad un uomo completamente vestito di nero e incappucciato, in cambio di una abilita' chitarristica che non aveva in precedenza ma che da li in poi avrebbe acquisito, portandolo a comporre praticamente una serie di brani che sarebbero diventati, a tutt'oggi, dei classici del Blues.
Al termine di quel misterioso incontro, avvenuto allo scoccare della mezzanotte, il giovane Robert Johnson si sarebbe trovato inginocchiato al centro di quel crocicchio...
Clarksdale, Mississippi era il luogo di quell'incontro e Clarksdale, Mississippi e' il luogo che abbiamo visitato oggi.
Si tratta di una piccola cittadina che, praticamente, e' un museo a cielo aperto del Blues. Tutto trasuda Blues, dai vecchi edifici, con targhe che ricordano personaggi ed eventi, a persone di una gentilezza e cordialita' fuori dal comune, ognuno con una sua storia personale da raccontare riguardante una delle leggende nate o transitate da queste parti.
Musei, come quello del Delta o quello del Rock e del Blues (imperdibile), abitazioni e locali appartenuti a personaggi che hanno fatto la storia di questo affascinante genere musicale.
 Siamo stati persino a visitare il luogo, tra i campi di cotone, dove si trovava l'abitazione di Muddy Waters, che adesso non si trova piu' li, sostituita da un ceppo e da una targa, ma che si trova all'interno del Delta Blues Museum e non credo sia stato difficile trasportarla li, visto che si tratta poco piu' di una capanna in legno.
Giornata a dir poco emozionante.
Adesso siamo in un albergo a Memphis, Tennessee; domani ci attendono nuove avventure.
Abbiamo avuto tantissime cose da fare in questi ultimi giorni, che sono stati davvero intensi, tanto che non ho avuto nemmeno un attimo per scrivere il consueto racconto, per chi e' interessato ovviamente, dunque mi accingo a fare un breve riassunto adesso.
Ci eravamo lasciati a Clarksdale, autentico luogo di nascita del Blues del Mississipi ed il nostro viaggio e' proseguito in direzione Memphis.
Prima tappa obbligatoria gli studi della Sun Records.

Entrare li dentro e' come essere teletrasportati , con la macchina del tempo, negli anni della nascita del Rock'n Roll.
Li e' infatti nato il primo singolo della storia di questo genere, vale a dire il brano "Rocket 88", breno che fu scritto dal troppo spesso dimenticato Ike Turner; li Elvis ha inciso il suo primo disco, inciso per fare un regalo a sua mamma, li e' dove hanno registrato i vari Jerry Lee Lewis, Johnny Cash, Carl Perkins, Roy Orbison e persino B.B.King.
Una emozione fortissima entrare nella sala di registrazione, vedere quelle pareti, l'apparecchiatura all'epoca all'avanguardia e persino impugnare il microfono usato da Elvis in persona.

Seconda tappa in Memphis e' ovviamente la mitica Stax Records, etichetta che ha dato i natali a quasi tutto il Rhythm'n Blues, non sto qui a farvi la lista dei nomi che hanno registrato per questa etichetta ma, vi assicuro, vedere nelle varie teche, gli abiti di scena, i dischi d'oro, le apparecchiature tecniche e gli strumenti, come l'Hammond usato da Booker T. per incidere "Green Onions" e' pazzesco. Qualsiasi appassionato come noi starebbe li dentro ore ed ore.Memphis e' una citta' davvero affascinante, un luogo che, come New Orleans, vive di Musica. Ogni locale ha una band che suona ed i musicisti sono tutti di livello altissimo, anche la gente che popola la celebre Beal Street, anche solo camminando, pare che lo stia facendo sulle assi di un palcoscenico.
Il cibo poi e' davvero ottimo, potete gustare il celebre "Memphis Soul Stew", una zuppa con carote, patate ed altre spezie davvero gustosa, il pesce gatto fritto ed altre prelibatezze locali.
Questa del cibo, qui nel South, sfata un po' la leggenda che il cibo qui negli Stati Uniti sia pessimo; al Sud si mangia davvero bene! Ogni stato ha delle sue particolari specialita' veramente gustose e appetitose.
Un'altra visita che vale la pena di fare e che consiglio a tutti quelli che hanno intenzione di venire da queste parti, e' quella al Lorraine Motel, l'albergo dove nell'aprile del 1968 fu assassinato Martin Luther King.
E' rimasto davvero tutto com'era e, visitarlo ti porta a respirare l'aria pesante di quei lontani giorni e vivere assieme ai ricordi, le enormi conquiste fatte da quell'uomo a favore delle popolazioni afro-americane.

Dopo Memphis avevo manifestato alcune perplessita' circa la visita a Graceland, luogo dell'abitazione del Re, anche se in cuor mio sapevo benissimo che ci sarei andato. Temevo di imbattermi nella classica americanata kitch., nella pura mercificazione di un Mito, anzi del Mito per eccellenza.
Ebbene, un po' effettivamente lo e'; tutto quel viavai guidato di gente, noi compresi ovviamente, tutti quei soldi che girano intorno alla figura di Elvis, tutti quei gadget venduti in ogni dove, dai pupazzi, alle sveglie, agli accendini, ad ogni cosa insomma, possono in un certo senso disturbare ma...come si varca la soglia di quella che e' stata casa sua...beh, qualcosa di veramente magico accade.
Lo vedi che scende le scale dalla sua camera, senti il clang, clang, delle sue catene d'oro mentre le discende, lo vedi sul divano lungo quattro metri mentre riceve i suoi ospiti. ( si parla di nomi come Led Zeppelin, Beatles, Clapton e, badate bene, tutti emozionati di essere ricevuti dal piu' grande di chiunque altro).
Lo immagini seduto al suo pianoforte, mentre suona "Unchained Melody", prima di salire in camera per un breve riposino e andarsene da questa terra per aprire la porta che lo consegnera' alla leggenda.
Quando poi ti trovi al cospetto della sua tomba...beh a quel punto l'emozione e' talmente forte che ti toglie il fiato..
Davvero un viaggio che merita di esser fatto.

Dopo queste emozioni e' venuto il momento di andare a trovare, nella loro casa, dove siamo rimasti per ben tre giorni, i nostri amici Mike e Dianna.
Mike e' Mike McCullison, il cantautore Country di cui vi ho parlato e Dianna e' la sua dolcissima Signora.
Ci hanno ospitato e ci hanno trattato veramente alla grande, portandoci a visitare l'incantevole Nashville, altro luogo leggendario.
Oggi poi abbiamo avuto la fortuna di capitare qui, proprio mentre si svolgeva il Pilgrimage Music & Cultural Festival, un Festival addirittura monumentale dove, nell'intera giornata di oggi, dalla mattina alla 10 alla sera alle 19,30, ci siamo visti, tra gli altri: Willie Nelson, Steven Tyler degli Aerosmith con la sua nuova band, addirittura alla loro prima uscita assoluta ( ha fatto tra l'altro una "Piece Of My Heart" di Janis, da brivido!) uno stratosferico Chris Stapleton, Charles Bradley, St. Paul & The Broken Bones, Daws con alla chitarra Duane Betts, il figlio di Dickey, Nikki Lane, Lucius, The Decemberist, Jimmy Cliff, gli incredibilmente funky Big Sam's Funky Nation...insomma un Festival incredibile!

Parlare di ogni singolo concerto sarebbe cosa fantastica ma renderebbe il mio racconto di questo viaggio un racconto chilometrico; mi limiterò a dire che Chris Stapleton è un artista di cui sentiremo parlare a lungo; la sua voce, anche dal vivo, è un qualcosa che riesce a toccarti davvero le corde dell'anima ed il suo country, mischiato alla sua stupenda voce soul, sono qualcosa di inimitabile e, cosa non da poco, ha dalla sua delle composizioni meravigliose.
Steve Tyler resta invece quel meraviglioso animale da palcoscenico che ha fatto grande una band storica come gli Aerosmith. Qui accompagnato da una band in larga parte femminile, ha rivisitato alcuni classici degli Aerosmith appunto, più alcune sue composizioni.

St.Paul con i suoi Broken Bones sono stati un'assoluta conferma del concerto visto lo scorso anno a S.Francisco e, ci chiediamo, come sia possibile che in Italia non siano conosciuti praticamente da nessuno, mentre qui, piano piano, si stanno ritagliando una bella fetta di popolarità, grazie al loro stupendo soul.
Grandi i Decemberists, visti in uno scenario magnifico, all'imbrunire, quando uno spettacolare tramonto faceva da contorno alle loro bellissime composizioni.
Per ultimo lascio la leggenda: Willie Nelson dal vivo in Tennessee credo sia una delle cose che ogni appassionato del genere abbia sognato per una vita intera; bene, noi siamo riusciti a vederlo proprio qui, davanti ad un grande pubblico, pubblico che ha cantato quasi tutte le sue canzoni assieme a lui; stupendo!
Domani saluteremo i nostri amici Mike e Dianna, che porteremo a lungo nei nostri cuori e saremo ancora on the road.

Lasciata stamani la storica Nashville, teatro del grande omonimo film di Altman e regno di grande Musica da sempre, assieme ad i nostri amici Mick e Dianna, al quale va un grande ringraziamento per averci fatto sentire...feels like home; ci siamo avviati per quella che sulla carta sarebbe stata la giornata piu' stancante, anzi ce ne sara' un'altra piu' avanti, del nostro viaggio alla scoperta del South degli Usa.

In effetti la giornata e' stata molto stancante, in particolar modo per me che ho guidato da stamani alle 7,30, fino a stasera alle 18,30.
Abbiamo attraversato ben tre Stati: il Kentucky, l'Illinois e il Missouri, guidando per circa 600 miglia.
Guidando attraverso questi Stati abbiamo toccato con mano la vera America rurale, quella fatta di gente che lavora la terra e cura i propri pascoli, ma che non ha altre distrazioni che non sia magari una birra al venerdi sera nel locale del paese in cui vive.
Nonostante tutto cio' e' tangibile un attaccamento alla propria terra che a molti miei compaesani potra' sicuramente apparire incomprensibile.
qui siamo nel Sud ragazzi, qui vive gente dura, di poche parole ma sempre gentile e curiosa nei confronti di chi ha un forte dialetto straniero, come noi ad esempio.
Spesso ci e' stato chiesto da dove venivamo, anche da parte di personaggi che a prima vista potevano sembrare ergastolani evasi, con le loro barbe lunghissime, le loro mani nodose e sporche, i loro pick-ups pieni di bandiere confederate ed il loro accento marcatamente sudista, personaggi che poi si sono dimostrati gentilissimi e molto curiosi di sapere qualcosa di una cultura a loro cosi lontana.

Adesso siamo a Springfield, Missouri e domani ci attende un lungo tratto della mitica Route 66 che, in questo viaggio, sommata a quello dello scorso anno, riusciremo a fare quasi interamente.

Anche quella di oggi e' stata una giornata dedicata alla strada.
Ci siamo messi in viaggio stamani da Springfield, Missouri in direzione di quella che e' la strada per eccellenza, vale a dire la mai troppo celebrata Route 66, quella che fino alla fine degli anni '60 era la main street of America, la strada cioe' che collegava Chicago a Los Angeles, tagliando in due il Paese.
Oggi, a seguito della costruzione delle varie highways, interstate e freeway, della vecchia e cara Route 66 non ne rimangono che alcuni tratti, pero' vi assicuro che parcorrerla ha un fascino totalmente diverso dalle altre strade, ovviamente molto piu' comode e veloci.
I vari motels e le gas station in stato di totale abbandono, i negozi con le loro insegne ridotte a fantasmi che si stagliano in questo cielo meraviglioso, i piccoli centri abitati che sembrano rimasti fermi agli anni 50 e 60, hanno un fascino incredibile e percorrerla nei suoi lunghi tratti, come oggi abbiamo fatto, ti induce a cercare di fotografare e riprendere quante piu' cose possibili, sicuri pero' che nessuna foto o nessun filmato potra' rendere, al nostro ritorno, neppure minimamente le sensazioni che si provano nel trovarsi all'interno di questi paesaggi, con gli occhi che cercano di carpire quante piu' cose possibili.

Anche oggi abbiamo attraversato: Missouri, da dove siamo partiti, Kansas dove la Route 66 e' conservata benissimo ed anche molto ben segnalata (in altre parti bisogna invece darsi un po' da fare per trovarla) ed Oklahoma dove siamo adesso, piu' precisamente a Tulsa, posto delizioso che, tra l'altro dette i natali al grande J.J. Cale.

Stasera, prima di andare a letto, abbiamo fatto un piccolo tuffo nella nostra vacanza americana dello scorso anno, facendo una piacevole videochiamata con Marcello Todaro (primo storico chitarrista del Banco Del Mutuo Soccorso) e sua moglie Monica, che lo scorso anno trascorsero un paio di piacevolissime serate assieme a noi in quel di San Diego, California e che stavolta si sono informati circa il nostro attuale tour; e' stato un vero piacere risentirli e rivederli, anche se soltanto in video.
Domani di buon mattino ci metteremo nuovamente in marcia per un altro bel tratto di Route 66 che ci portera' nuovamente in Texas, where everything's bigger!

Lasciato l'altro ieri l'Oklahoma, dopo un viaggio lunghissimo, in cui pero' abbiamo fatto un milione di piccole soste, sia per fotografare le mille e piu' immagini che catturavano i nostri sguardi, sia per fermarci a mangiare.
Ieri ad esempio ci siamo fermati per il brunch da Sid's, che e' uno degli storici locali sulla Route 66, di quelli proprio piccoli, tipici e affollati, come abbiamo tutti visto mille e mille volte nei films. Devo dire che ho mangiato il miglior hamburgher che io abbia mai avuto il piacere di gustare, assieme ad un milkshake al peanut butter che attualmente si trova in vetta ai miei peccati di gola qui in Usa in quanto a bonta'.

Sulla Route 66 non staro' a dirvi molto altro, molto vi ho gia' detto; e' per me una delle cose per cui vale la pena di venire qui. Sul suo asfalto ci sono tatuati i milioni di viaggi che, dal 1926 a buona parte degli anni 80, ha visto percorrere; c'e' la polvere e l'asfalto consumato, ci sono i sogni di intere generazioni e c'e' il mito americano dell'on the road, oltre a migliaia di canzoni e lei dedicate.
Posso dire con orgoglio di averla percorsa praticamente tutta, almeno nei tratti in cui e' ancora agibile, visto che abbiamo attraversato i suoi tratti in sette degli otto Stati che lei attraversa.
Ieri sera siamo tornati in Texas ( che per me e' sempre stato un po' un mito, fin da bambino, quando giocavo, assieme agli amici, ai cowboys), stavolta nella parte alta di questo enorme Stato, che e' bene ricordarlo e' grande pressappoco come tutta la Francia, ovviamente non ci siamo fatti mancare il gusto di una buona bisteccona texana e, dato che eravamo ad Amarillo, siamo andati in quello che praticamente e' il vero e proprio luogo di culto per la bistecca in Texas, vale a dire l'enorme The Big Texan Steak Ranch.

Devo effettivamente dire che tra la loro steak e la nostra fiorentina e' davvero un match di difficile risoluzione; anche la loro e' ottima, quella che ci hanno portato si tagliava veramente con la forchetta da quanto era tenera!
Uscito dal locale mi sono accorto che avevo finito la memoria della scheda della mia macchina fotografica, cosi' ci siamo diretti, erano circa le 23,30, verso Wallmart, che sarebbe una catena di grandi magazzini (ma grandi davvero), aperti 24 ore su 24.
Ebbene qui mi sono nuovamente imbattuto in una situazione di quelle che mi hanno lasciato un senso di malinconia e di tristezza, come gia' altre volte mi era accaduto qui.
Arrivato alla cassa, avevo davanti a me una coppia di giovani, immagino portoricani, con due bambini piccoli nel carrettino che conteneva due borse belle piene di roba. Al momento di pagare la ragazza ha dato la propria carta di credito alla cassiera, una nera oversize con chilometriche unghie multicolori, la quale, senza nemmeno guardarla in viso, le ha reso la carta dicendole che questa conteneva solo sette dollari da poter spendere, per cui avrebbe dovuto scegliere qualcosa da quel prezzo e lasciare li il resto.
La ragazzina sbigottita ha guardato il suo uomo che, invero piuttosto ciondolante, giocherellava coi bimbi, il quale ha allargato le braccia.
La ragazzina ha allora tirato fuori da uno dei sacchetti una orrenda confezione con sopra la foto di un hamburgher e con su scritto "double cheesburgher", confezionato, riuscite a capire???
Non oso immaginare cosa avrebbero mangiato quelle due creature in quella nottata.
Tornato in macchina mi sono maledetto per non avere avuto la prontezza di spirito di aver pagato io il costo della sua spesa!
E' anche questa l'America purtroppo.
Comunque la giornata di oggi e' stata ricca, in quanto siamo andati a visitare il Cadillac Ranch, quella monumentale scultura fatta nel 1974 da Chip Lord, scultura che tra l'altro ha ispirato il Boss per la sua celebre canzone inclusa nell'album "The River".

Si tratta praticamente di diecoi Cadillac rottamate messe in modo che diano l'impressione di essere piantate nel terreno. Ci sono poi dei bidoni di vernice e pennelli vari che fanno in modo che i visitatori scrivano i loro nomi o disegnino qualcosa sulle carcasse delle auto, cosa a cui neppure noi ci siamo sottratti, che fanno in modo che la scultura cambi quotidianamente fisionomia e colori.
Adesso siamo a Santa Fe nel New Mexico e presto vi raccontero' anche di queste esperienze,
Take care my friends!
L'altro ieri siamo arrivati a Santa Fe nel New Mexico.
Attendevo con ansia di vedere questo posto ma, in verita' ne sono un pochino rimasto deluso.
Non fraintendetemi; dal punto di vista puramente estetico e' un vero gioiellino, sicuramente unico al mondo, e' pero' l'atmosfera che mi ha lasciato leggermente l'amaro in bocca.
Chiariamo subito che io non sono una guida turistica, tutto quello che scrivo sui posti che visito durante tutti i miei viaggi, e' solo frutto di quello che "sento" per un determinato posto, le sensazioni che provo nel visitarlo e cio' che mi lascia dentro; ebbene di tutte le citta' che ho visitato in questo lungo trip attraverso gli Stati Uniti, Santa Fe e' forse il posto che mi ha lasciato meno in quanto a positive vibrations.
L' ho trovata un citta' molto "fighetta", se mi e' concesso il termine, una citta' quasi esclusivamente turistica, una citta' che alle 21 in punto spegne totalmente le proprie insegne e va a dormire, giuro, alle 21,30 e' praticamente una ghost town, impossibile anche solo cenare da qualche parte!
Oltretutto immaginavo una citta' come questa, il fiore all'occhiello del New Mexico, come un posto intriso di cultura messicana, ero addirittura arrivato ad immaginarmi i mariachi nei locali, invece niente di tutto cio'; la cultura indiana ha quasi il sopravvento su quella messicana, si tratta pero' di una cultura messicana che in tutti questi anni e' stata molto americanizzata, creando questo luogo bellissimo a vedersi ma, a mio avviso (ripeto, a scanso di equivoci, a mio avviso) piuttosto vuoto di contenuti.
Io che notoriamente non sono un turista, per trovare qualcosa che soddisfacesse la mia sete di cose vere e reali, sono dovuto uscire ed andare a visitare, ad esempio, il fantastico Santuario di Chimayo, o il meraviglioso Rancho della Golondrina, teatro di svariati films, come "Vampires" di John Carpenter tra gli altri.
Oggi poi giornata bellissima, in uno dei luoghi piu' belli al mondo, una delle bellezze naturali che invito tutti a visitare, le incredibili dune bianche naturali del deserto delle White Sands; un luogo che resta davvero difficile spiegare con le sole parole.

Abbiamo avuto anche la fortuna di capitare li in un momento particolarissimo; era in arrivo, dal Texas, una tormenta, che fortunatamente abbiamo scansato, che ha fatto si che, nel momento in cui eravamo li, il cielo fosse diviso esattamente a metà, con l'azzurro da una parte, il nero dall'altra ed il bianco incredibile della sabbia, che contribuivano a rendere il paesaggio assolutamente incredibile. Posto veramente da sogno.
Tra l'altro stamani, abbiamo anche fatto un piccolo tuffo all' interno di "Breaking Bad", ad Albuquerque,con la visita alla casa di Walter White, eroe della celebre serie televisiva, ed un brunch al " Los Pollos Hermanos", che in realta' si chiama "Twisters" e fa dei sandwich al pollo alla griglia da leccarsi i baffi!

Adesso siamo di nuovo in Texas, a El Paso, vicinissima al confine con il vero Messico, Ciudad Juarez appunto, divisa dal Rio Grande ed infatti, gia' dalla piccantissima cena di stasera, abbiamo potuto saggiare quanto queste due realta' siano cosi' vicine.
A presto amici miei.

Siamo alle ultime tappe del nostro viaggio nel Sud degli Stati Uniti; un viaggio che a questo punto ci porta a tornare in quello che e' stato il punto di partenza, vale a dire lo Stato del Texas.
Abbiamo lasciato il New Mexico e la prima tappa e' stata in un luogo che per me e' stato importante visitare.
Come ricorderete spesso amiamo visitare le famose movie locations e, proprio vicino al confine ce n'e' una relativa ad un bel movie on the road del 1985 ma ambientato nel 1971.
Ricorderete benissimo il primo film dove un ancora sconosciuto Kevin Costner interpretava il ruolo del ribelle Gardner.
La meravigliosa scena finale, che vedeva lui e la promessa sposa del suo amico (di cui ne era pero' ancora innnamorato, visto che era stata in precedenza la sua donna), ballano un Fandango, che e' anche il titolo del film di Kevin Reynolds,sulle musiche di Pat Metheny,di fronte ad un gazebo che si trovava davanti ad una Chiesa.
Bene, abbiamo trovato quel gazebo ed e' stato per me una grande emozione abbracciare la Fruz li davanti e simulare, io che sono un orso nel ballo, un Fandango assieme a lei.

Tappa successiva un'altra movie location di quelle pesanti, almeno per me.
1972, il film e' "Getaway",di Sam Peckinpah, mio regista preferito, con Steve McQueen, mio attore preferito.
La scena e' quella celebre in cui Steve McQueen/Doc McCoy, spara con un fucile a pompa alla macchina di due sceriffi, in un ralenty micidiale.
Siamo riusciti a ritrovare quella strada, nella cittadina di Fabens, che dopo quarantatre anni e' piuttosto cambiata, ed il punto esatto della scena.
Pelle d'oca a mille per me e la Fruz paziente a scattare mille fotografie.
Da ieri siamo a San Antonio in Texas, cittadina meravigliosa, con una splendida downtown e con la famosissima River Walk, dove tra l'altro e' stata girata un'altra scena di "Getaway" e dove stasera abbiamo romanticamente cenato.

Domani ci dirigeremo verso l'ultima tappa di questo emozionante viaggio, la piu' attesa, Austin; citta' che dette i natali ad uno dei miei idoli chitarristici di sempre, il grande Stevie Ray Vaughan.
A presto!

Austin è una città molto ma molto “musicale”; la avvicinerei ad altre città che mi hanno dato questa impressione, tipo San Francisco, Nashville, Memphis.
L'unico neo, a mio avviso, è che non è semplicissimo viaggiarci in auto. Molti, moltissimi semafori che contribuiscono a rendere difficoltosa la marcia in una città che è di per se costituita un po' a blocchi, sullo stile di Los Angeles per intenderci ma dove la i cosiddetti blocchi sono immensi, qui nella cittadina texana sono molto più piccoli e vicini l'uno all'altro.
Città comunque incantevole, come incantevole e suggestiva è la statua ed il luogo dove è posta, dedicata a Stevie Ray Vaughan.

Una immensa emozione è stata quella di andare a rendergli omaggio e, particolarmente emozionante è stata una scena a cui ho assistito.
Eravamo arrivati da poco e, mentre la guardavo da lontano, sono passati alcuni ragazzi intenti a fare footing nel parco, quando uno di loro, correndo, è zompato sulla pedana della statua ed ha “battuto il cinque” sulla mano del chitarrista. Giuro che mi sono venute le lacrime agli occhi.
Enorme è la stima ed il rispetto che la gente di Austin ha nei confronti del proprio sfortunato concittadino chitarrista. Rispetto che ho riscontrato anche il giorno successivo, quando sono voluto ripassare pert un altro breve saluto ed ho notato che la notte qualcuno aveva posto una rosa rossa proprio nella mano di Stevie Ray; bellissimo.

E cosi eccoci arrivati al termine di questa splendida vacanza, ancora una volta tesa a scoprire gli aspetti di quello che e' il Paese che ha dato i natali a molte delle cose che ci appassionano.
Lo scorso anno visitammo il West (California, Arizona, Nevada e Utah), mentre quest'anno ci siamo diretti al Sud ( Texas, Louisiana, Mississippi, Tennessee, Kentucky, Missouri, Kansas, Oklahoma e New Mexico).
Riguardando le foto e mettendo la roba nelle valigie, ci siamo accorti di quanto il tempo sia stato velocissimo ma, allo stesso tempo, di quanto ci paiono lontanissime le prime cose che abbiamo visto tre settimane fa; segno che di cose ne abbiamo viste e fatte moltissime ed i chilometri fatti stanno a dimostrarlo.
Abbiamo visto posti meravigliosi che hanno fatto la storia del Blues e del Country, abbiamo conosciuto persone stupende e parlato con un sacco di gente, tutta estremamente curiosa (quelli che non l'hanno mai visitato) ed ammirata (quelli che invece, molti, ci sono stati) nei confronti del nostro Paese che, come ogni volta che siamo fuori accade, ci fa essere orgogliosi di lui ( ma quando siamo a casa invece...strana gente davvero siamo...).
Abbiamo ascoltato Musica, mangiato schifezze e cose deliziose e saporite, viaggiato per ore ed ore in mezzo a paesaggi che pareva di essere dentro un sogno; respirato il sapore della liberta', liberta' di decidere dove andare cambiando itinerario il mattino stesso, come infatti abbiamo fatto piu' volte.
L'altro ieri infatti siamo stati ad esempio a San Marcos, che non era nel nostro itinerario ma che io, da inguaribile sognatore, ho voluto inserire per poter fare il bagno nel San Marcos River, proprio come faceva Steve McQueen/Doc McCoy in "Getaway" appena Ali McGraw lo andava a prendere all'uscita del carcere.


A cena, come dalla foto che ho postato, siamo stati al "Texas Chili Parlor", lo stupefacente e oscuro locale, dove Tarantino serve un nacho grande ed un virgin pina colada ad uno straordinario Kurt Russell/Stuntman Mike. E vi garantisco che l'atmosfera che si respira all'interno di questo particolarissimo locale è esattamente la stessa che potete vedere nel celebre film.
Adesso siamo in un piccolo paesino, di cui non rammento nemmeno il nome, dentro ad un motel anch'esso tarantiniano, di quelli leggermente malfamati ma che costano il giusto, per passare la notte che ci separa da Houston, tappa di arrivo e tappa di partenza di questo...viaggio dentro a un sogno...
La nostalgia mi morde forte gia' da oggi; domani saremo a casa.

venerdì 14 agosto 2015

ROXY MUSIC Live in Modena at "Bob Club 2000", April 24, 1973

Era il 24 aprile del 1973, avevo 17 anni e, badate bene, i 17 anni del 1973 non erano assolutamente paragonabili ai 17 anni di un ragazzo di oggi; i tempi erano diversi e le abitudini dei genitori anche.
La mia vera fortuna infatti è stata quella di avere due genitori fantastici, in più amanti della musica, soprattutto mia Mamma, per cui potevo avere liberamente il permesso di andare a vedermi i concerti dei miei artisti preferiti, anche se questi si tenevano il località non proprio vicinissime a casa; eh si, perché anche le distanze all'epoca erano diverse e Modena, ad esempio, appariva molto più lontana da Firenze allora che non al giorno d'oggi.

I Roxy Music erano, in quel momento, la novità più sconvolgente ed allo stesso modo eccitante del panorama musicale mondiale; qualcosa che ci appariva veramente nuovo, sia dal punto di vista musicale che da quello puramente estetico.
L'anno precedente era uscito quel disco meraviglioso che era il loro primo album,assieme a “Virginia Plain”, singolo che veniva passato anche nei locali dove, prima dei concerti, si ballava, cosa abbastanza consueta all'epoca.
Il concerto si teneva appunto a Modena, in un locale come quello che ho appena descritto, una discoteca, che si chiamava “Bob Club 2000”.
Era il loro primo tour nel nostro paese a non potevo certo perdermeli.

Assieme a Sandro, una altro di quegli appassionati fiorentini che non si perdevano mai un concerto, prendemmo il treno alla stazione di Firenze e ci recammo a Modena.
Il “Bob Club 2000” era un locale abbastanza moderno, una discoteca all'avanguardia per i dettami dell'epoca e per entrare bisognava salire una lunga scala esterna alla struttura.
Entrammo e ci sistemammo a sedere a terra, visto che non esisteva un vero e proprio palco e la strumentazione della band era sistemata praticamente sul pavimento del locale, solo un gradino la poneva pochi centimetri più in alto di noi.
Ricordo che, come sempre facevo, mi misi ad osservare la fauna locale, il pubblico, cosa che mi faceva sentire parte di una vera e propria tribù. E' difficile far capire ad un giovane di oggi quanto fosse forte il senso di appartenenza, a quella specie di tribù appunto, che eravamo noi che ascoltavamo la musica rock a quei tempi. Il rock era ribellione, ribellione vera e questo ci faceva sentire diversi dai benpensanti che all'epoca erano la maggioranza nel nostro paese che in quegli anni, è bene ricordarlo, era piuttosto arretrato rispetto a quelli che erano i paesi guida di questo tipo di musica.
L'apertura della serata fu affidata ad un certo Lloyd Watson, un chitarrista che in solitaria ci intrattenne per una venticinquina di minuti. In seguito questo chitarrista comparirà negli albums solisti di brian Eno "Here Come The Warm Jets" e di Andy McKay "In Search Of Eddie Riff".
La sua esibizione mi lasciò comunque quasi totalmente indifferente.
Dopo una breve attesa partì una musica ipnotica (si trattava di “The Pride And The Pain”, retro del singolo “Pyjamarama” uscito appena un mese prima) che ebbe la funzione di introduzione all'ingresso dei musicisti sulla scena.
Eccoli! L'impatto visivo fu incredibile, erano vestiti esattamente come all'interno della copertina del loro primo album; ricordo che non avevo mai visto niente di simile prima di allora.
Brian Ferry, con il suo ciuffo impomatato mi apparve come un Elvis Presley del 1973 e le sue movenze imitavano appunto “The King”. Brian Eno, che si sistemò dietro alle sue tastiere ed ai suoi mille aggeggi, era una presenza quasi di un altro mondo, truccatissimo e con i lunghi capelli che gli partivano praticamente da metà cranio, una presenza androgina, carismatica, ipnotica.
Paul Thompson, il batterista, in canottiera dietro ai suoi tamburi era un picchiatore infaticabile.
Andy McKay, anche lui con un ciuffo incredibile si piazzò a gambe larghe, imbracciando il suo sax, proprio davanti a me.
Avevano delle scarpe con tacchi e zeppe altissime e coloratissime, come i dettami della moda glam insegnavano, però loro avevano un qualcosa in più degli altri gruppi glam, erano delle creature del passato proiettate nello spazio, proiettate in un party che aveva tra gli invitati anche Alex DeLarge e i suoi Drughi, Amanda Lear, all'epoca modella di Salvador Dalì e tutti i personaggi più all'avanguardia del momento.

Non lasciarono nemmeno sfumare quella fantastica, ipnotica introduzione e fu subito “Do The Strand”, dal loro secondo album “For Your Pleasure”, uscito appena due mesi prima, che vedeva sulla propria copertina proprio quell'Amanda Lear con una pantera al guinzaglio.
Seguirono “Grey Lagoons”, “Beauty Queen” e la martellante “The Bogus Man”, tutte suonate in maniera piuttosto fedele agli originali sui dischi ma con un volume impressionante.
Per ascoltare qualcosa dal primo disco dovemmo aspettare il quinto brano ma la sequenza tratti da quel disco fu impressionante: “Ladytron”, con una coda in cui improvvisarono un finale pazzesco, con Eno che fece quasi scoppiare i suoi synth; “In Every Dream Home a Hearache”, brano quasi commovente ed a seguire “If There Is Something”.
Questo fu il momento in cui Brian Ferry pronunciò le prime parole tra un brano e l'altro, fino a quel momento avevano sparato i brani l'uno dietro l'altro ed annunciò un brano dal loro nuovo album; fu la volta infatti di una ”Edition Of You” tiratissima con Eno e McKay scatenati. Poi eseguirono il brano che più amavo di loro in quel periodo, annunciato da un “are you ready for rock'n roll?” ecco “Re-Make/ Re-Model” che era il travolgente inizio del loro primo album e che loro, in quell'occasione, riproposero in maniera trascinante e con il prolungamento dei famosi stacchi strumentali al termine dalla canzone.
Il bis fu ovviamente il loro hit più grande, vale a dire il singolo “Virginia Plain”.

Tornammo a casa e, come accadeva sempre quando vedevo un concerto che in qualche modo mi segnava, mettevo sul piatto a ripetizione i due albums e i due singoli della band appena vista ed andavo a rileggermi gli articoli di “Ciao 2001”, l'unica vera Bibbia per noi appassionati dell'epoca, che parlavano di loro, mangiandomi con gli occhi le loro foto, visto che altri sistemi per vederli, oltre ad andare al concerto, in quei tempi non ce n'erano.

Ovviamente mi registrai tutto il concerto su una cassetta C-90, cassetta che ho ancora oggi e che mi ha aiutato nei ricordi e nel racconto di quella lontana serata.



lunedì 10 agosto 2015

USA (California, Arizona, Nevada, Utah) 2014, una meravigliosa vacanza on the road.

Mi decido soltanto adesso, a circa un anno di distanza da quel meraviglioso viaggio, a pubblicare il diario di quei giorni fantastici attraverso quattro stati degli USA, convinto che , magari, potra' servire a chi volesse intraprendere lo stesso viaggio che io e Francesca facemmo e che, ancora adesso ci portiamo nel cuore.
Enjoy!


Quando stamani mattina a Los Angeles ho ritirato la Chevy che abbiamo noleggiato, appena accesa la radio, la prima canzone che abbiamo sentito e' stata "Free Falling" di Tom Petty, quasi un segno del destino.
L.A. È una città che può farti perdere la testa. C'è tutto, ma proprio tutto quello che amiamo, dalla musica al cinema alle spiagge meravigliose.
Nel pomeriggio, mentre percorrevamo le strade della citta' degli angeli, all'improvviso ci siamo ritrovati in Sunset Streep.
Per farvi capire; sulla destra c'e' il Whiskey A Go-Go, dove i Doors hanno iniziato la loro carriera,piu' avanti il Roxy e poco prima, sulla sinistra, c'e' il Viper, dove stasera andremo a vederci Marc Ford in concerto per soli 10 dollari...c'e' del Rock in citta'!

Il "Viper Room", locale che, fino al 2004 vedeva tra i suoi proprietari Johnny Depp e che vide, putroppo, la morte per overdose di River Phoenix nel 1993, proprio al suo interno, è un piccolo club appunto in Sunset Streep.
Si entra da una piccola porticina laterale e si sale una stretta scala buia sulla destra.

L'interno del locale è molto oscuro, con un piccolo palco sulla destra.
Marc Ford ed Elijah Ford, suo figlio, ci offrono un buon set ed il pubblico presente, invero non numeroso, gradisce molto.
Francesca purtroppo accusa il fuso orario e si vedrà il concerto praticamente sonnecchiando in piedi.

Lasciata la fantastica Los Angeles, con la sua Sunset Strip, dove in 500 metri c'e' praticamente una bella fetta di storia del rock, Venice Beach, con i suoi personaggi incredibili, i suoi negozi che mischiano culturismo e cultura hippy, la palestra sulla spiaggia e musica e musica e musica; Melrose Avenue con i suoi mille negozi di abbigliamento vintage, dove Francesca mi ha fatto ampiamente ripagare le mie tre ore passate a frugare tra i tesori in vinile e cd di Amoeba Music dove, incredibile, la gente va a fare la spesa di vinili e cd con il paniere, proprio come al supermercato, cosa questa che ovviamente ho voluto provare anch'io.

 Le fantastiche spiagge di Malibu, dove al secondo giorno abbiamo incontrato Mark Boone jr., ossia il Bobby “Elvis” Munson della nostra serie televisiva preferita, vale a dire “Sons Of Anarchy”; Santa Monica, Long Beach e Laguna Beach; la imperdibile Hollywood, meta di chiunque ami il cinema, le mille e piu' cose che abbiamo visto e vissuto e quelle che inevitabilmente ci siamo persi...ed oggi partiamo alla scoperta di San Diego.

San Diego, posto delizioso, completamente diverso da LA.
Dove un clima perfetto per ogni gusto, direi simile ad una nostra primavera inoltrata di un tempo, dico così perchè da noi non esiste praticamente più quel fantastico periodo che precedeva il grande caldo ma che ti permetteva di viaggiare in camicia o maglietta a maniche corte, ti permette di vivere serenamente sia le bellissime spiagge che ci sono, sia la deliziosa città.
Abbiamo qui avuto occasione di incontrare due persone stupende che qui vivono e che, per quanto riguarda lui, non vedevo dai tempi in cui suonava nel Banco Del Mutuo Soccorso, dove ne era il chitarrista: Marcello Todaro e la sua dolcissima signira Monica, con cui abbiamo trascorso due serate indimenticabili. Non fatico davvero a capire la loro scelta di trasferirsi in questo piccolo Paradiso e di cui sento gia' una forte nostalgia.
Oggi tutto il giorno on the road attraverso un territorio che ti mozza davvero il fiato; ore ed ore nel nulla, in compagnia dei caratteristici trucks.
Abbiamo visitato Calico, una "ghost town", pensate che è diventata disabitata nel 2001, quando ad abitare questa piccola citta' dove si estraeva dalle miniere l'argento, erano rimaste soltanto otto persone!
Siamo riusciti a fare pure un bel tratto sulla mitica Route 66.

Purtroppo e' chiusa per molte miglia, visto che, almeno nel tratto californiano, e' quasi in stato di totale abbandono, i motels e le gas stations abbandonati pero' hanno il potere di lasciarti a bocca aperta! Sembra davvero di essere sul set di uno di quei films di frontiera che tanto amo.
Percorrerla poi, come abbiamo fatto noi, con la compagnia del doppio cd “Music By Ry Cooder” da a questi panorami un sapore ed un gusto ancora più leggendario.
Adesso siamo in un motel a Needles, piccola cittadina proprio su un tratto della Route 66.
La cittadina al nostro arrivo (sera inoltrata) appare quasi spettrale, piccola, con pochi locali aperti, abbiamo mangiato infatti, in una specie di pizzeria dove parevano conoscersi tutti tra loro e dove si sono sbalorditi ad una mia richiesta di un po' di pane da mangiare con l'insalata ordinata; pane che mi hanno poi portato riscaldato e cosparso di abbondante burro!
Anche il motel dove dormiremo non pare molto rassicurante, gestito da una coppia di messicani di cui lui, il marito, pare uscito da un film di Quentin Tarantino, ruolo ovviamente di cattivo, coperto com'è da tatuaggi che paiono essere stati fatti in un carcere e di grosse cicatrici, persino sul volto, segni che sono sicuramente stati lasciati da una vita un po'...oltre i limiti della legalità; speriamo bene, qui dovrò dormire con un occhio aperto e l'altro chiuso mi sa!

Eccomi qua, col racconto di una giornata devastante dal punto di vista della fatica ma, allo stesso tempo, uno dei giorni che ricordero' con maggior trasporto di questa vacanza e, in seguito, vi spieghero' il perche'.
Dunque, usciti vivi dal quel motel tarantiniano che vi abbiamo descritto ieri, dopo una nottata caldissima, asfissiante e lasciato Needles alle nostre spalle, ci siamo avviati di buon mattino verso la prima tappa della giornata, percorrendo ancora un lungo tratto delle Route 66.
Eccoci all'improvviso, dopo una curva, a Oatman, una citta', come dicono loro, che si rifiuta di diventare fantasma.

Tipica cittadina western, praticamente tutta lungo una via principale, dove abbiamo avuto modo persino di vedere una buffissima dimostrazione di una tipica scenetta tra cowboys.
Questa cittadina ha una buffa particolarita': ci sono muli (burro) a giro per la strada principale, che vagano liberi da ogni parte, non disdegnando le carezze dei visitatori.
Indubbiamente un luogo capace di catturarti e da cui non ti staccheresti molto volentieri, che ovviamente consiglio a tutti di visitare se vi trovate a passare da queste parti; pero' le cose da vedere ed i chilometri da fare sono molti, per cui...
Abbiamo poi percorso un' altra cinquantina di chilometri sulla Route 66, in mezzo ad un panorama che ti lascia a bocca aperta nel vero senso della parola, fino a Kingsman e di li.....l'attimo di pazzia che ti sconvolge la giornata rendendotela indubbiamente migliore.
Dovevamo andare direttamente a Flagstaff che distava circa un paio d'ore da dove ci trovavamo, quando ci siamo guardati e Francesca ha immediatamente capito: decisione presa!
Dovete sapere ( e chi mi conosce lo sa bene) che io, da amante del cinema e da inguaribile romantico, amo alla follia un film, che non fatico a definire il mio film preferito, vale a dire "L'Ultimo Buscadero" (Junior Bonner) di Sam Peckinpah, con Steve McQueen; bene, le riprese di questo film del 1972 furono fatte a Prescott, Arizona, che pero' era distante oltre cento chilometri ma...dalla parte opposta!

Partiti e, con una grande emozione, abbiamo mangiato nello stesso Saloon dove vennero girate alcune scene importanti del film (The Palace) e dove troneggia, al suo interno, un gigantesco murales del film stesso e molte altre foto autografate dallo stesso McQueen e degli altri interpreti.
Abbiamo visitato la stazione ferroviaria della cittadina, stazione che adesso non esiste piu', sostituita da una strada che attraversa il centro della citta, ma dove pero' e' stata mantenuta proprio la pensilina dove McQueen/Junior Bonner e Robert Preston/Ace Bonner, suo padre nel film, si sedettero per dar vita ad un toccante dialogo, luogo questo dove, non lo nascondo, mi sono quesi commosso.
Siamo poi persino riusciti a trovare una casetta all'interno della quale sono state girate altre scene.
Ho davvero toccato il cielo con un dito, felice come un ragazzino, anche e soprattutto per il fatto di avere accanto a me una ragazza che capisce e condivide con me certe sensazioni.
Adesso siamo a Flagstaff che dicono essere meravigliosa e che domani visiteremo.

Lasciata Flagstaff (deliziosa) ci siamo imbarcati in quella che definisco la "parte turistica" del viaggio.
Non amo moltissimo fare il turista, chi mi conosce lo sa bene, essendo io un amante dell'avventura e dell'imprevisto, non per nulla sono da sempre un motociclista, pero' quando si viaggia in compagnia di qualcuno (ed anche parecchio importante), e' bene accontentare anche l'altro.
I luoghi visitati valevano pero' la pena di essere visti, sto parlando infatti del Grand Canyon e della Monument Valley.
Per quanto riguarda il Grand Canyon, ho pure cercato di renderlo un po'piu' piccante scendendo, da solo e senza assolutamente un abbigliamento adatto, giù nel canyon.

Purtroppo Francesca, di cui sentivo la vocina sempre piu' lontana che mi chiamava, non aveva assolutamente l'abbigliamento, le scarpe soprattutto, adatto, per cui a malincuore sono dovuto risalire.
C'è da dire pero' che l'azione del Colorado River e la natura in circa due miliardi di anni, sono un qualcosa di strabiliante e difficilmente spiegabile se non si vede con i propri occhi.
La sfacchinata in macchina fino a Kayenta, circa due ore e mezza di macchina nelle lingue d'asfalto completamente al buio e con i rigorosissimi limiti di velocita', sono pero' state ampiamente ripagate dallo spettacolo, assolutamente unico, della Monument Valley.
Una cosa pero' aldilá della bellezza dei luoghi e della magia che li circonda, mi rimasta dentro e mi ha colpito in maniera fortissima; l'assoluta DIGNITA' delle popolazioni indiane ( nello specifico Indiani Navajo). La percepisci ogni volta che ti approcci a loro, o anche solamente li guardi. Ce l'hanno impressa sui loro volti impassibili, nei loro occhi e nei loro sguardi.

Adesso siamo a Page, tornati in Arizona dallo Utah, dove abbiamo beccato il primo temporale della stagione.
Arrivati a Kanab, incantevole paesino dello Utah, dalle immagini tipicamente western, vi è infatti una specie di piccolo museo, chiamato Little Hollywood, che si può visitare gratuitamente, all'interno del quale sono situati alcuni sets cinematografici usati per molti celebri films.
Resteremo affascinati anche da questo piccolo paese, dove la gente si saluta per strada proprio come se tutti si conoscessero.
La sensazione, ogni qual volta lasciamo un paese per risalire in auto verso nuove affascinanti località, sarà sempre quella di lasciare nel paese appena visitato una piccola parte del nostro cuore, questa sarà quasi una costante di questa nostra avventura.

La tappa successiva di questo nostro affascinante viaggio on the roada è la tappa più scintillante in assoluto che si possa programmare: Las Vegas.
Alloggiamo in uno dei più famosi e antichi alberghi della città del gioco, il mitico e storico Flamingo, nome che viene dai fenicotteri, la cui immagine ed i cui colori (rosa) sono in ognidove.

Qui tutto è eccessivo, dalla gente che incontri, alle insegne, alla musica,alle macchine, al traffico; una sbornia colossale di colori e luci che, al momento che arrivi, vorresti catturare in ogni sua parte, con foto, video, eccetera...ma dopo un'oretta ti ha già stancato e rimpiangi la Route 66 e le lingue di asfalto infinite o le rocce rosse della Monument Valley.
Il secondo giorno lo passiamo tranquillamente nella piscina dell'Hotel, eccessiva anch'essa, enorme e con un triliardo di persone che bevono birra e cocktails vari già dalle prime ore del mattino.



Sono le 22,30, ora italiana, 10,30 PM qui in USA. Siamo appena entrati in una camera di un bel Motel a Ridgecrest, California, dopo che stamattina alle 10, 30 circa abbiamo lasciato la sbrilluccicante e controversissima Las Vegas.
Su Las Vegas posso solo dire che vale la pena di una visita, ma di una visita di un giorno, massimo due, parere ovviamente personalissimo, perche' come ho gia' detto in precedenza, il suo essere cosi' eccessiva puo' davvero stancarti, a meno che tu non sia un giocatore d'azzardo incallito, allora troveresti davvero di che divertirti ma non è questo ovviamnte il nostro caso.
Imboccata la Highway in direzione Nord Ovest,verso quello che si annunciava, giá dalla partenza del nostro viaggio, come un appuntamento imprescindibile, vale a dire la Death Valley.
Il primo paesino che ha visto la nostra prima sosta è stato Beatty, ultimo avamposto prima di entrare nella Valle Della Morte.
Beatty è stata una vera e propria rivelazione per me.
Mi sono scoperto amante, in maniera quasi sconvolgente, delle piccolissime realta' della provincia americana; così lontane dal caos del tutto-finto di posti come la Las Vegas che ci eravamo lasciati alle spalle.
Paesini rurali, abitati da gente intagliata nel legno, all'apparenza dura ma, dopo le prime parole, desiderosa di fare conoscenza con un mondo totalmente lontano dal loro.

Amo questi posti, li amo molto di piu' di tante altre cose viste quaggiù. Amo questa gente che sicuramente non ha la follia di molti abitanti delle varie metropoli e che con tutta probabilita' se ne va a letto alle nove di sera ma che pero' conserva un' idea degli Stati Uniti molto diversa da quella che nell'immaginario collettivo è l'America, intesa come il Paese del potere.
Lasciata Beatty, abbiamo visitato l'ennesima ghost town, Rhyolite.
Una citta' degli inizi del 900 destinata all'epoca, il periodo della caccia all'oro, a diventare la Chicago del West . Le prospettive di espansione restarono pero' deluse e morirono sul nascere dopo il fallimento della prima miniera e gli abitanti del posto, all'epoca circa ottomila persone, abbandonarono la citta' al suo destino, che in breve tempo la relego' a monumento destinato ai visitatori come noi che trovano soltanto cio' che resta di quella citta', come una scuola diroccata, una specie di emporio ed alcune abitazioni oramai fantasmi di se stessi.
Arriviamo alla Death Valley che e' gia' giorno fatto e lo spettacolo che si apre davanti ai nostri occhi è addirittura commovente (giuro!). Si ha come la sensazione di entrare in punta di piedi in quel Paradiso meraviglioso, quasi a non voler disturbare la bellezza disarmante di questi luoghi.
Credo che il provare, anche solo minimamente, a descriverlo, tolga qualcosa alla bellezza ed alla sacralita' di questi paesaggi.

Purtroppo il fermarsi, scendere, fare foto, video, commentare e quant'altro, fa si che accada quello che non avrei voluto che accadesse: si fa buio...ed abbiamo da percorrere circa 70 miglia nell'assoluto deserto californiano!
Ci siamo avviati in solitaria nel buio totale, senza che per miglia e miglia apparisse solo un cenno di vita, che non fosse un qualche animaletto che si affacciava tra le sterpaglie ai lati della strada.
Immaginate soltanto una semplice foratura, cosa avrebbe significato, in un posto dove nemmeno il cellulare prendeva!
Bene, dopo un paio d'ore di viaggio, siamo riusciti ad arrivare a Ridgecrest e ci siamo fiondati nel primo Motel che abbiamo trovato, fortunatamente bello e, dopo una buona cena misto american-mexican ed una rigenerante doccia, ci apprestiamo ad andare a letto per un meritato riposo.
Domani ci attende ancora un bel viaggetto on the road in direzione Santa Barbara.

Dopo una ennesima sfacchina di circa tre ore di macchina, che da Ridgecrest ci ha portati a Santa Barbara, ci siamo rigenerati con un pomeriggio di mare ( mi sono persino addormentato sulla spiaggia dalla stanchezza).
Abbiamo poi deciso di fare tappa a San Louis Obispo.
Abbiamo avuto fortuna perche' siamo incappati proprio nella serata in cui si celebrava una festa di paese e, grazie ad un autista di pullman gentilissimo( ed innamorato del nostro Paese, come del resto lo sono tutti qui negli States, quel suo “Welcome in America!” quando ci ha salutati mi ha quasi commosso, pensando alla gentilezza abituale degli autisti delle nostre parti...), ci siamo diretti verso il centro della citta'.
La festa si chiamava "Food in the streets" ed appena arrivati abbiamo subito capito che non sarebbe importato cercarsi un ristorante per quella serata.
Tutta la strada centrale del paese era piena, a destra ed a sinistra, di banchi con le specialita' di ogni parte del mondo e noi abbiamo mangiato un po' di tutto, dal coreano al cinese, al messicano; con la modica cifra di 18 dollari!
Al mattino successivo, dovevamo partire per farci la costa in tutta tranquillita', ma un campanellino ha suonato nella mia testa ed ho chiesto a Francesca di controllare il cartellone dell'Hardly Strictly Bluegrass Festival di San Francisco, per vedere quando avrebbe suonato Lucinda Williams....fortuna che l'ho fatto; Lucinda si sarebbe esibita il pomeriggio stesso!
Cambio improvviso di programma e via di corsa verso San Francisco, direzione Golden Gate Park!

Arriviamo a San Francisco appena in tempo per gustarci il set di Jonathan Wilson su uno dei sei (!) palchi di questo stupendo festival gratuito che si svolge al golden gate Park, in un'atmosfera fantastica, tipica di quella zona della California dove, non a caso, nacque il movimento del Flower Power, dove si svolse la famosa Summer of Love e che fu la culla di moltissimi poeti della Beat Generation.
Dico solo che in due giorni ci siamo visti: Jonathan Wilson, Phil and Dave Alvin, Lucinda Williams (fenomenale), Ryan Adams, St.Paul And The Broken Bones (spettacolari, cosa aspettiamo a portarli da noi???), Tony Joe White con una formazione a due, voce/chitarra e batteria e Mavis Staples!!!
Tutto completamente gratuito, in un'atmosfera totalmente easy e, colmo dei colmi, organizzato COMPLETAMENTE da un privato!!!
Davvero un altro mondo.
Il tempo di gustarci la prima delle tre giornate del festival, ci ritorneremo il giorno successivo, che finalmente è giunto il momento di recarci a Oakland dove, dopo circa vent'anni, rivedrò uno dei miei amici più cari, una amico che agli inizi degli anni '80 è stato svariate volte ospite a casa mia ed io nel 1982 fui suo ospite per una meravigliosa, lunga ed indimenticabile vacanza nella Bay area.
David e Suzanne, sua moglie, ci hanno accolti nella loro casa ed abbiamo trascorso assieme due giorni meravigliosi, rivivendo assieme i numerosi aneddoti che la nostra amicizia ci ha regalato negli anni.
E' stata una grande, grandissima emozione rivederlo dopo una ventina di anni, cosi' come rivedere suo padre Eugene ed il mio amico Kim.
Stasera, cosi' tanto per gradire, visto che qui qualcosina da fare la si trova sempre, ce ne andremo a San Jose a vederci Tom Petty & The Heartbreakers con Steve Winwood; biglietti gia' in tasca.


Dopo lo stratosferico concerto di Tom Petty con i suoi micidiali Heartbreakers (dal vivo assolutamente una delle Band migliori in circolazione, non temo smentita) e l'altrettanto degna apertura, ad opera di uno Stevie Winwood che non delude mai, ieri ci siamo visti San Francisco.
Siamo arrivati in citta' direttamente con il ferryboat, lasciando la macchina al di qua della baia.
Abbiamo camminato per ore ed ore, dal downtown a Chesnutt Street dove Steve McQueen nel 1968 iniziava, al volante della celeberrima Mustang, uno degli inseguimenti piu' spettacolari della storia del cinema, quello di "Bullitt".
La fantastica Chinatown, l'Italia da cartolina di Little Italy, abbiamo mangiato la famosa cioccolata di Ghirardelli, di fronte alla famosa Ghirardelli Square; siamo andati al Fisherman Warf, dove abbiamo cenato con uno stratosferico Brad Bowl (che serebbe un panino gigantesco, svuotato della mollica e riempito di zuppa di granchio, delizioso!) e ci siamo visti i leoni marini al Pier 39.
Oggi invece, abbiamo fatto un giro turistico che ci interessa in maniera particolare.
Prima tappa High Ashbury, che nel 1967 era praticamente il luogo dove esplodeva la famosa "Summer of Love" californiana.
Negozi e popolazione hippy la fanno ancora da padrone, come se il tempo si fosse fermato a quei giorni ed a quei suoni.

Può accadere, come infatti ci è accaduto, di entrare in un bel negozio di scarpe, sedersi per provarne un paio, voltarsi e vedere seduto accanto a me nientemeno che Jack Kasady, bassista dei Jefferson Airplane/Starship e Hot Tuna, non che bassista di "Electric Ladyland" di Jimi Hendrix, intento anche lui a provarsene un paio, sorridergli e ricordare assieme il giorno in cui, con gli Hot Tuna, suonò al Pistoia Blues di alcuni anni fa, quando trascorremmo assieme qualche minuto a parlare.
Cose che accadono nella meravigliosa San Francisco!

Tappa d'obbligo la famosa abitazione che i Grateful Dead misero a disposizione di tutta la comunita' musicale dell'epoca e dove si suonava (ed altro) in un'atmosfera difficile da comprendere ai giorni nostri.
Abbiamo visto cio' che rimane del mitico Fillmore West, dove Bill Graham sul finire degli anni 60, inizio 70, organizzava i piu' grandi happening musicali immaginabili e dove sono stati registrati una quantita' di dischi dal vivo che solo a leggerne la lista c'e' da svenire!
Le fantastiche "Painted Ladies", che sarebbero delle meravigliose casette resistite al grande terremoto che devasto' la citta' agli inizi del '900.
Al ritorno a casa una sorpresa che ci ha commosso.

Dovete sapere che abbiamo affittato un piccolo appartamento a Berkeley, i cui proprietari abbiamo saputo essere una coppia di anziani Musicisti Bluegrass.
Ieri sera, mentre facevo una doccia, si e' rotta pericolosamente una mattonella del piccolo soppalco ospitante la doccia stessa.
I proprietari al mattino erano dispiaciutissimi dell'accaduto.
Dovete anche sapere che la Signora in questione, proprio stamani ha vinto una lunga battaglia contro una malattia.
Bene, stasera, al nostro ritorno, abbiamo trovato in camera, una cesta con: una bottiglia di champagne californiano, un cd registrato alcuni anni fa da loro stessi, una compilation di due cd "The Story Of Chris Strachwitz And Arhoolie Records" dedicata alla Musica Cajun, Blues, Zydeco, Tex Mex, Bluegrass e Country e...un fiocchettino con dentro 100 dollari di rimborso, che ovviamente gli abbiamo restituito, dicendogli di non preoccuparsi assolutamente, visto che avremmo accettato di buon grado tutto il resto che eravamo felicissimi di trascorrere i nostri giorni di vacanza a San Francisco nella loro deliziosa abitazione e vicini a due persone cosi' meravigliose.
Adesso, prima di andare a nanna, ci sbronziamo con una bella bottiglia di champagne e..... !


Come ogni cosa bella, anche la nostra vacanza sta, piano piano, volgendo al termine.
Gli ultimi due giorni li abbiamo passati dietro alla storia del rock.
Siamo passati dal glorioso Golden Gate, simbolo universale della citta', fino a tornare nella zona di High Ashbury, per visitare le abitazioni di Jimi Hendrix e di Janis Joplin.
Tra l'altro, nel corso di questi giorni, sono diventato un po' un'attrazione per gli americani, per via del mio modo di parcheggiare la macchina.
Sono infatti sempre stato piuttosto bravino nel farlo, concedetemi un attimo di immodestia, e qui ho davvero dato il meglio di me, infilando la nostra Chevrolet in posti precisi al millimetro ed in una sola manovra, dove un attimo prima un americano, dopo tre-quattro tentativi, aveva rinunciato; e questo in piu' di un'occasione!
Ieri addirittura una coppia di americani ha voluto fotografare il mio parcheggio, con Francesca che li fotografava, mentre loro fotografavano me; non sanno a quale tipo di giungla siamo abituati noi italiani!
Oggi siamo stati a Monterey ed e' stata una emozione fortissima, per noi, salire sullo stesso palco, che e' rimasto esattamente lo stesso, dove, nel lontano 1967, il Mito per eccellenza brucio' la sua chitarra, al termine di una esibizione che restera' nella storia.

Sono salito sul palco e pensate che le assi dello stesso sono ancora le medesime di allora, con i segni di quella esibizione.
Sono persino riuscito a riconoscere il backstage dove venne scattata la celebre foto che ritrae Hendrix assieme a Brian Jones (tutti avrete visto quella foto scattata appunto al Monterey Pop Festival del 1967), che presento' appunto Jimi Hendrix.
Adesso siamo a Morro Bay, dopo un viaggio strepitoso sulla Highway One attraverso il Big Sur, per la nostra ultima notte in USA di questo meraviglioso viaggio.
Domani mattina ci metteremo in viaggio verso casa.
Ricordo che nel 1982, al termine di una mia lunghissima permanenza in California, non vedevo l'ora di tornare nella mia amata Italia...questa volta, purtroppo, non provo la sensazione di allora.
A presto amici miei.

Londra, aereoporto di Heathrow, in attesa del volo che ci riportera' a Pisa.
Dai vetri delle finestre preme una nebbiolina fitta di umido.
Mi morde allo stomaco una subitanea nostalgia del sole della California e di tutte le persone stupende incontrate durante il nostro viaggio on the road.

Per chiunque abbia avuto la pazienza di leggere questo mio diario attraverso le strade assolate dell'America che più amo, consiglio di ascoltare la compilation che ho fatto su Spotify delle songs che ci siamo ascoltati durante questo nostro viaggio e, se vi va, provate a rileggervi il tutto ascoltando queste canzoni; vi assicuro che vi sembrerà di essere li con noi,  a respirare gli odori e la polvere, incontrare le persone, macinare miglia, a mangiare mexican food ed a stupirvi ad ogni miglio...proprio come abbiamo fatto noi!