venerdì 27 dicembre 2019

Dead Kennedys Discoteca "Quasar" di Perugia, 9 Ottobre 1981

Era il 1981 ed il Punk, arrivato in ritardo qui da noi quando in Inghilterra era già praticamente finito, aveva scosso le cantine delle nostre province, con il concerto di Bologna dell'anno precedente, ribadito con un breve tour proprio in quel 1981, dei Clash.
In USA invece, il Punk californiano aveva iniziato a sparare le proprie cartucce migliori ed il colpo dell'anno precedente, con l'album di esordio dei Dead Kennedys, denominazione sconvolgente almeno per gli Stati Uniti, era stato di quelli davvero fragorosi.
Il loro album di esordio, "Fresh Fruit For Rotting Vegetables" aveva tutte ma proprio tutte le carte in regola per diventare un vero e proprio classico del genere, come poi in verità è accaduto.

Le varie fanzine dell'epoca avevano annunciato un breve tour di tre date nel nostro Paese, Roma, Perugia e Gorizia, per quell'inizio di ottobre ed io non avevo nessunissima intenzione di mancare ad uno di quei tre concerti.
La data a me più vicina era ovviamente quella di Perugia così, assieme al mio fidato amico dell'epoca Piero, con cui avevo già condiviso svariati concerti, ci mettemmo in macchina in quella tiepida giornata di inizio autunno. Ricordo ancora benissimo com'ero vestito quel giorno, camicia di jeans, jeans ed un semplice paio di scarpe da ginnastica, abbigliamento assolutamente non da punk, in quanto in verità non ho mai amato travestirmi per andare a vedere un concerto, nemmeno da ragazzo.
Anche la macchina con cui ci avviammo a percorrere quei 170 chilometri che ci separavano da Perugia, non era assolutamente un mezzo di fortuna, bensì la mia fiammante "Alfetta 2000", macchina che mettemmo a dura prova per la paura di arrivare in ritardo all'appuntamento. Bisogna ricordare che all'epoca le leggi sui limiti di velocità erano praticamente un optional e si transitava sulle autostrade a velocità adesso impensabili; tanto che impiegai poco più di un'ora, un'ora ed un quarto per arrivare di fronte al locale, con un impietrito Piero che non profferì sillaba durante il viaggio, ricordo solamente un "..ovvia, si parte!" ed un sospiro di sollievo una volta arrivati!

Parcheggiamo nei pressi del locale, praticamente di fronte e, la cosa che mi stupì, fu il locale stesso.
La Discoteca "Quasar" era enorme, una specie di agglomerato di edifici tutti attaccati assieme, con una grande scalinata esterna che portava all'ingresso del locale stesso.
Anche l'interno non mancò di stupirmi, era infatti una tipica grande discoteca, per niente adatta, questo pensai, ad un evento come quello a cui stavamo per assistere.
Il palco era praticamente posizionato non molto alto e c'erano dei gradoni che conducevano ad esso.
Non ho foto del concerto, per cui vado abbastanza a memoria, aiutato però dalla registrazione del concerto stesso.
Non c'erano le transenne ed anche questo, ricordo, non mancò di stupirmi.
Il servizio di sicurezza consisteva praticamente negli addetti del locale e, ricordo ancora, non mi parve numeroso.

Nessun gruppo spalla, in seguito seppi che Jello Biafra lo avrebbe chiesto agli organizzatori della serata, durante la giornata stessa ma, pur avendo chiesto a qualche gruppo locale, nessuno se la sentì di salire sopra prima dei Dead Kennedys e questo, con il senno di poi, fu decisamente un bene.

La band salì sul palco ed attaccò subito con una anfetaminica e quasi irriconoscibile "Man With The Dogs", retro del singolo "California Uber Alles" e, già dal primo brano capimmo subito a che tipo di concerto avremmo assistito; suoni ad un volume devastante, ai limiti della distorsione e ritmi quasi spiritati.
Praticamente attaccata alla precedente partì "When Ya Get Drafted".
Jello si era già tolta la t-shirt ed attaccò "In-Sight", altro retro del secondo singolo "Kill The Poor".
Il quarto brano fu un brano all'epoca ancora inedito, era infatti "Well Paid Scientists" che sarebbe stato poi incluso nell'album dell'anno successivo "Plastic Surgery Disasters" ma a quel punto non faceva più nessunissima differenza tra brani conosciuti o meno, il mood della serata era delineato: brani sparati a raffica ad una velocità pazzesca, della durata di uno, al massimo due minuti, cosa questa che i numerosissimi punks presenti (sui vari abbigliamenti di questi ultimi potrei fare un capitolo a parte) parevano gradire.
"Nazi Punks Fuck Off" annunciata e sparata sul pubblico ebbe il potere di scatenarlo.
I ragazzi iniziarono a salire sul palco, data anche l'estrema facilità con cui potevano farlo, vista la totale assenza di barriere, iniziando a ballare assieme a Jello, ad abbracciarlo ed a cercare di strappargli il microfono di mano.
Un minuto e mezzo di "Your Emotion" e poi il delirio; annunciato con un "We got a bigger problem now!", partì il loro anthem, "California Uber Alles" e, rammento benissimo, aver visto il palco praticamente pieno di gente, con Jello che cercava disperatamente di riuscire a portare a termine il brano, sparendo e riapparendo tra la massa di gente. Brano comunque, nonostante le evidenti difficoltà di esecuzione, suonato con una potenza devastante, in grado, rammento che pensai, di smuovere una montagna.

Al termine del brano Jello Biafra stesso cercò di riportare la calma, chiedendo più volte "Ok...back off the stage!".
Era incredibile, totalmente incredibile, lo spettacolo che avveniva davanti ai nostri occhi ed entrava nelle nostre orecchie; quella discoteca, abituata sicuramente ai suoni della disco-dance, che ospitava un rito tribale punk come quello a cui stavamo prendendo parte.
"Halloween" interrotta a metà, con il pubblico in platea che mandava a quel paese tutti gli altri, numerosissimi,che stavano sopra e che non avevano assolutamente intenzione di scendere, anzi pareva che avessero decisamente intenzione di portarsi Jello Biafra e qualche altro ricordino della serata, direttamente a casa!
"Holiday In Cambodia" meravigliosa ed ancora uno stop. Salì su anche uno degli organizzatori della serata che spiegò che i Dead Kennedys Stessi non avevano voluto ne transenne, ne servizio d'ordine, perchè non volevano nessuna barriera tra loro ed il pubblico ma che però, se la gente non fosse scesa da la sopra, sarebbe stato impossibile continuare.

"Kill The Poor", "Too Drunk To Fuck", "Chemical Warfare" ed una incredibile "Viva Las Vegas" concludevano il concerto.
Io e Piero ci guardammo increduli e stremati, pur essendoci tenuti a debita distanza da tutto quel casino.
Rammento che facemmo il viaggio di ritorno con estrema calma, senza nemmeno mettere su una cassetta, avevamo le orecchie letteralmente devastate da quei suoni, decidemmo però che quello che avevamo appena visto sarebbe stato un concerto che avremmo ricordato a lungo.
Sono passati ben trentotto anni e lo racconto soltanto adesso, per cui quella profezia fu azzeccata.

Jello Biafra, intervistato in seguito dalla fanzine ""TVOR" (Teste Vuote Ossa Rotte), dichiarò che agli inizi degli anni '80 la scena Punk italiana era considerata il top a livello europeo, seconda solo a quella inglese e che lui stesso possedeva dischi dei Tampax di Pordenone, Dei Raw Powers e dei Fall Out di La Spezia e che ricordava i concerti di Perugia e di Roma come tra i migliori che avesse mai fatto.


Adesso, da quanto leggo, la "Discoteca Quasar" non esiste più, dopo essere rimasta per molti anni rifugio per senzatetto e tossici vari. Al suo posto hanno costruito un centro commerciale, credo però che ogni tanto, nei corridoi di quel nuovissimo centro che dice chiamarsi "Quasar Village", risuoni un grido che fa... California Uber Alles! e che qualche mamma con passeggino, assieme a qualche marito annoiato, abbia un brivido lungo la schiena.



mercoledì 18 dicembre 2019

My Best Of 2019



Il 2019 è stato un anno molto ricco di buone, a volte buonissime, uscite discografiche, nessun capolavoro, se alla parola capolavoro si vuol dare il significato che merita ovviamente, però molti ottimi dischi.
Come sempre, anche se i modi per poter fruire musica al giorno d'oggi non mancano, resta piuttosto difficile poter ascoltare tutte le numerosissime uscite discografiche, anche se ovviamente cerco di tenermi il più aggiornato possibile soprattutto sulle novità.
Questi, non in ordine qualitativo, tra quelli ascoltati sono quelli che ho preferito.

CHRISTONE "KINGFISH" INGRAM- Christone "Kingfish" Ingram
BRUCE SPRINGSTEEN- Western Star
BLACK PUMAS- Black Pumas
THE TESKEY BROTHERS- Run Home Slow
THE DELINES- The Imperials
THE ALLMAN BETTS BAND- Down To The River
TEDESCHI TRUCKS BAND- Signs
JIMMIE VAUGHAN- Baby, Please Come Home
ERIC GALES- The Bookends
WALTER TROUT- Survivor Blues
MICHAEL KIWANUKA- Kiwanuka
MERCURY REV- Bobby Gentry's The Delta Sweetie Revisited
RODNEY CROWELL- Texas
PURPLE MOUNTAIN- Purple Mountain
THE RACONTEURS- Help Us Strangers
MAVIS STAPLES- We Get By
REESE WYNANS AND FRIENDS- Sweet Release
JEFF LYNNE'S ELO- From Out Of Nowere
NATIVE HARROW- Happier Now
THE ALLMAN BROTHERS BAND- Fillmore West '71
BILL CALLAHAN- Shepard In A Sheepskin Vest
SAMANTHA FISH- Kill Or Be Kind
GARY CLARKE JR.- This Land
SUGARRAY RAYFORD- Somebody Save Me
STEVE GUNN- The Unseen In Between
KEB' MO'- Oklahoma
J. J. CALE- Stay Around
BUFORD POPE- The Waiting Game
IAN NOE- Between The Country
KEITH RICHARDS- Talk Is Cheap (30th Anniversary 2CD Deluxe Edition)
ROBERT RANDOLPH & THE FAMILY BAND- Brighters Day
THE WHO- The Who
TOWNES VAN ZANDT- Sky Blue

CONCERTI:

THE SHEEPDOGS- Parma "Campus Industries" 14/02
ROBERT RANDOLPH & THE FAMILY BAND- Torrita Blues 21/06
ERIC GALES- Pistoia Blues Festival 07/07
ERIC GALES- Castro Dei Volsci (FR) "Music Under The Rocks" 21/07
ZZ TOP- Irvine CA (USA) "Fivepoint Amphitheater 23/08


mercoledì 11 dicembre 2019

Eric Burdon-Brian Auger Band live 1991

Era l'edizione del 1991 del "Pistoia Blues Festival" e la conclusione, di quella edizione di soli due giorni, fu affidata ad una coppia di artisti che proprio in quel periodo girava assieme in un tour mondiale e che aveva pubblicato un doppio cd inciso dal vivo a Solana Beach, California, dal titolo "Acces All Areas".
Gli artisti in questione erano due pesi massimi della scena rock a partire dagli anni '60, Eric Burdon e Brian Auger e la denominazione della band era semplicemente quella di Eric Burdon-Brian Auger Band.
Per Auger era la sua seconda volta al Festival toscano, dopo la sua apparizione nell'edizione del 1983, mentre per il grande Eric Burdon era la sua prima volta assoluta.
Eric Burdon, nato a Newcastle Upon Tyne nel 1941, noto per essere stato il cantante e leader di una delle band più importanti della famosa "British Invasion" degli anni '60, The Animals, band di electric rock-blues, formatasi dopo lo scioglimento dell'Alan Price Combo.
Quasi impossibile ricordare tutti i successi del gruppo, diventati negli anni dei veri e propri classici della musica moderna, basti per questo ricordare brani come "The House Of The Rising Sun", "Don't Let Me Be Misunderstood", We Gotta Get Out Of This Place" e "Don't Bring Me Down"


Successivamente dopo una parentesi, successiva al 1966, in cui cambiarono denominazione in Eric Burdon and The Animals, il cantante, nel 1968 epoca in cui viveva a San Francisco, California, si unì ad una celebre band funk californiana, The War .

Il risultato di questa unione, una stupenda contaminazione di rock psichedelico e funk, erano infatti anni di sperimentazioni su tutti i livelli, sia musicali che personali, furono i due albums usciti, il primo dei quali, "Eric Burdon Declares War" uscito nel 1970, un autentico capolavoro, contenente i singoli "Spill The Wine" e "Tobacco Road".
In Seguito, nel 1971, si unì al bluesman Jimmy Witherspoon, assieme al quale partorì il discreto album dal titolo "Guilty".A partire dal 1974, prima con la Eric Burdon Band con la quale incise tre LP e poi da solista, continuò una carriera che non riuscì però a toccare le vette di successo toccate negli anni precedenti, soprattutto quelle raggiunte assieme agli Animals.
Cantante comunque dotato di grande voce e grandissima personalità, capace di essere riconoscibile alla prima nota, come avevo avuto già modo di appurare durante un suo concerto, a cui avevo assistito, al Teatro Apollo di Via Nazionale a Firenze, Teatro che ad oggi non esiste più, nel 1984.
Va ricordato anche che l'ultima apparizione pubblica di quello che personalmente considero il più grande chitarrista di tutti i tempi, vale a dire Jimi Hendrix, avvenne proprio durante una jam session con Eric Burdon and The War, durante un loro concerto al "Ronnie's Scott Club" di Londra il 16 Settembre 1970. Appena due giorni dopo infatti, Jimi scomparse tragicamente.

La sera del 6 luglio di quell'anno, approdarono appunto nel backstage del Pistoia Blues dove, come sempre, svolgevo la mansione di responsabile della security del Festival.
Al loro arrivo, dopo aver salutato un sempre cordialissimo Brian Auger, che conoscevo dai tempi dei suoi concerti al Piper di Viareggio nei primissimi anni '70, mi resi conto  immediatamente e con estrema preoccupazione, che il buon Eric Burdon aveva indubbiamente esagerato con il bere, era insomma, come suol dirsi, piuttosto alticcio!
Parlava e scherzava con tutti quelli che lo avvicinavano. Io cercai, per contro, di tenerlo il più possibile a parlare con me, per evitare che combinasse danni, visto che poco prima, mentre era da solo, aveva cercato di mettersi a sedere su di una ringhiera in ferro, all'interno del palazzo comunale , rischiando peraltro di cadere all'indietro e lo avevo ripreso proprio io, facendo un balzo di un paio di metri.
Brian Auger invece non pareva preoccuparsene troppo ed appariva al solito il simpatico personaggio di sempre. In un momento, in cui con gli occhi tenevo sempre sotto controllo il cantante, che adesso si era messo seduto tranquillo su di una sedia, gli rammentai di quando, proprio al Piper 2000 di Viareggio nell'estate del 1972, prima di un suo concerto, lo aiutai a far entrare il suo pesantissimo Hammond nella strettissima porta laterale che dava accesso all'interno del locale; avevo solo sedici anni e quella era la pratica che usavo per avere un biglietto omaggio per lo spettacolo, l'ingegno di un giovanissimo appassionato di musica di allora.

Brian, che parla da sempre piuttosto bene la nostra lingua, ricordava perfettamente sia il locale, dove si era esibito in più di un'occasione, sia l'episodio.
Brian Auger può, senza ombra di dubbio, essere considerato il re dell'Hammond inglese; esordì nel 1965 con una band chiamata Steampacket, con cui si esibiva anche la vocalist Julie Driscoll, assieme alla quale fondò poco dopo Brian Auger and The Trinity, che partorirono successi come ""Save Me", ""This Wheels On Fire" e "Road To Cairo".
Nel 1970 fondò The Oblivion Express, con cui gira ancora ed incide dischi.

La formazione con cui si presentarono in quella serata al Pistoia Blues Festival comprendeva, oltre ai due big, Larry Wilkins alla chitarra, Dave Meros al basso ed il figlio di Brian, Karma Auger alla batteria.
L'inizio del set mi lasciò piuttosto perplesso in quanto, soprattutto sui due brani iniziali, "Don't Bring Me Down" e "Don't Let Me Be Misunderstood", Eric non ne azzeccò praticamente una!
Ci pensò però Brian, che indossava una vistosissima camicia  nera con giganteschi fiori gialli, a raddrizzare la baracca, con le sue tastiere.
Al termine di questi due brani Eric, visibilmente alticcio, si fermò ed iniziò a guardarsi attorno, come a voler cercare qualcosa; capìì immediatamente che stava cercando il suo campanaccio con relativa bacchetta, attrezzo che si era preparato prima di salire sul palco ma che si era dimenticato nel backstage, dove infatti lo avevo visto pochi minuti prima. Feci appena in tempo a correre nel camerino per prenderlo e, mentre stavo salendo le scalette che portavano al palco, per porgerlo ad uno dei tecnici, sentìì la sua voce che dal microfono mi chiamava: " SElvano... SElvano please...where is my cowbell?"
Quando vide che me ne stavo li dietro con il suo campanaccio in mano, mi chiamò addirittura accanto a se per consegnarglielo, ringraziandomi, con mio totale e comprensibile imbarazzo!
Fortunatamente la band ripartì immadiatamente con il brano successivo ed il loro set, piano piano, riprese quota ed anche Eric tornò a controllare la situazione che, quell'inizio, aveva reso incerta.
La band macinava un rock che non andava troppo per il sottile ma, complessivamente, fu un buon concerto, trascinante, con  classici quali " We Gotta Get Out Of This Place", "When I Was Young", "Tobacco Road", "Bring It On Home To Me" e, ovviamente" "The House Of The Rising Sun" , che conquistarono abbastanza facilmente la numerosa platea.
Rividi Eric Burdon nel 2005, sempre a Pistoia ed in quell'occasione, accanto alla giovane moglie che fungeva anche da tour manager, lo trovai completamente ripulito da ogni eccesso ed anche in quell'occasione, la sua incredibile voce, non mancò di regalare emozioni