sabato 4 maggio 2019

Eric Clapton un giorno a Bologna nel 1998

Come oramai chi mi segue su queste pagine sa benissimo, il mio lavoro mi ha portato a volte in situazioni che, quando ero un semplice ragazzino innamorato della musica, avrei potuto soltanto sognare.
Pensate che, già dall'età di dieci anni, sognavo di diventare un musicista apprezzato e, nella mia cameretta, da solo, accendevo lo stereo, mi mettevo al centro della stanza, imbracciavo la mia "riga a T" ed a volte diventavo un chitarrista (Jimi, Eric, Jeff, Carlos, Pete), altre volte, imbracciando la mia "Riga a T" più in basso, divenivo un bassista.
Rammento ancora l'imbarazzo quando, a volte, mia Mamma apriva all'improvviso la porta, per venire magari a prendere qualcosa in camera mia e mi trovava con le cuffie intento a roteare il braccio destro a mo' di Pete Townshend; ricordo però benissimo anche il suo indimenticabile e dolce sorriso, che mi faceva immancabilmente capire che non stavo facendo assolutamente nulla di sbagliato ma, anzi, davo corpo ai miei sogni, cosa questa che, una mente aperta come quella di mia madre, non poteva che apprezzare.
Il destino volle però che questa mia voglia di diventare musicista fosse appagata solo in parte, infatti per un periodo della mia vita suonai la batteria, togliendomi persino qualche soddisfazione; questo però è un altro capitolo della mia vita che, magari, aprirò un'altra volta.
Le Arti Marziali assorbirono la mia esistenza, sempre accompagnate dall'amore per la musica però e fu così che le mie velleità di diventare una rockstar furono accantonate.
Non sarei salito su di un palco come rockstar dunque ma vi sarei salito in un'altra veste, quella di accompagnarvi sopra loro, le rockstars appunto.

Ne ho accompagnate su a centinaia e, spesso, sono riuscito a carpire, grazie al mio amore per quel mondo ed al mio spirito di osservazione, le sensazioni che stavano provando al momento di salire su.
Ne ho carpito i tic, ho letto nei loro sguardi ed ho vissuto accanto a loro il boato del pubblico presente, al momento che si spengono le luci, in quell'interminabile ed eccitante istante che precede il salire quei pochi scalini che precedono l'entrata in scena.
Ho vissuto anche il prima ed il dopo dei loro spettacoli ed a volte sono accadute cose ai limiti dell'incredibile, come quella che sto per raccontarvi.
Era il 1998 e più precisamente il 23 Ottobre; eravamo a Bologna, all'allora "Palamalaguti", per il concerto di Eric Clapton, durante il suo "Pilgrim Tour", tour che accompagnava l'uscita del suo album "Pilgrim", un album criticato ma che a me era piaciuto molto,soprattutto perchè avevo trovato che, in quella occasione, Eric aveva curato molto le parti vocali, alzando di parecchio la sua asticella come cantante.
Nei tunnel che portavano al backstage mi ero già piacevolmente intrattenuto a chiacchierare con la stupenda Bonnie Raitt, che avrebbe aperto il concerto e subito dopo mi avviai verso il camerino di Eric Clapton, dove il chitarrista si stava intrattenendo assieme al bassista della sua band, Nathan East e, per rilassarsi prima del loro set, stavano giocando una partita a calcio balilla.
Eric era molto composto nel giocare, un po come quando suona la sua chitarra, con quell'eleganza nei modi, tipicamente inglese, mentre Nathan era più eccitato e si spostava da una manopola all'altra alla velocità della luce.
Io, dalla porta aperta del camerino, dove mi ero piazzato per controllare la situazione, mi divertivo a vederli così tranquilli e divertiti.
All'improvviso arrivò un tizio dello staff che richiamò l'attenzione di Nathan, non capìì bene cosa gli disse, anche perchè anch'io stavo parlando con una persona ma, da quanto potei capire, qualcuno desiderava parlare con lui. Così il bassista, scusandosi con Eric lasciò la sua postazione ed uscì.
Inrociai lo sguardo di Clapton, rimasto solo, che con un gesto della testa ed un sorriso, mi invitò a prendere il posto del bassista.
Abbastanza sbalordito dalla inaspettata richiesta presi posto a calcio balilla (non si può oggettivamente dire no grazie ad Eric Clapton) e, come il chitarrista lanciò la pallina, nella stanza entrò Paolo Rossi, si proprio il Paolo Rossi, il campione del mondo di Madrid 1982, amico di Eric Clapton , venuto ad vedere il concerto bolognese e passato dal camerino per salutarlo.
Fu così che, davanti allo sguardo di Paolo Rossi, segnai ad uno sbigottito Eric Clapton uno dei più fantascentifici goal della mia vita; un "gancio" fulminante che fece tuonare il legno dietro la sua porta!
Fortunatamente subito dopo ritornò Nathan East al quale lasciai immediatamente il posto, con il grande Clapton che ancora stava guardando l'interno della sua porta.
Piccole storie, insignificanti per loro ma che resteranno nella mia memoria per tutta la mia vita.

Il concerto fu qualcosa di stupendo, come i concerti di Eric Clapton sanno essere, in qualsiasi epoca vengano vissuti. Adoro il suo modo di suonare la chitarra da sempre.
Rammento una "Old Love" che mi strappò le budella, una bella parte blues con "Crossroads" e "Have You Ever Loved A Woman" ed un bel finale, dove salì sul palco anche Bonnie Raitt ed assieme suonarono "Shake It Up".