giovedì 15 giugno 2017

GREGG ALLMAN

Ho dovuto aspettare un po' di tempo prima di riuscire a scrivere qualcosa su Gregg Allman.
La scomparsa di quello che, per me, era uno degli ultimi eroi rimasti di un periodo lontano mi ha distrutto.

In quel fantastici anni vennero composte alcune tra le gemme più fulgide che la musica che amiamo ha prodotto e quelle prodotte dalla Allman Brothers Band erano tra quelle che per me brillavano di più.
Sapevamo tutti che le condizioni di Gregory Lenoir Allman, il suo vero nome, non erano delle migliori; stava sopravvivendo a tre tumori, ad un trapianto di fegato, a vari problemi respiratori e ad un'epatite C contratta, pare, nel 2007 a causa di un ago mal sterilizzato di un tatuatore.
All'inizio dell'anno in corso aveva annullato le date per tutto il 2017, però intimamente confidavo che questa vera e propria leggenda sarebbe sopravvissuta anche questa volta e che, magari sarei riuscito a vederla ancora una volta.
Invece quella maledetta sera, mentre eravamo a cena a casa di amici musicisti, alcuni messaggi mi avevano avvisato della scomparsa di quello che era, come quelli che mi conoscono sapevano benissimo, uno dei miei ultimi veri eroi rimasti.
A stento sono riuscito a trattenere le lacrime tanto che la mia ragazza, che mi conosce bene, mi è immediatamente venuta vicino per confortarmi.
Non starò certo a fare qui la storia di questo immenso musicista, di questa vera e propria leggenda che, assieme al fratello dal purissimo talento chitarristico, aveva fondato alla fine degli anni 60 quella che è rimasta fino a pochi anni fa un'autentica macchina da guerra, la Allman Brothers Band.
Troppe cose ci sarebbero da scrivere e tante ne sono già state appunto scritte.
Mi limiterò a raccontare di quell'unica volta, risalente oramai a dieci anni fa, in cui lo incontrai ed assistetti ad un suo concerto, in qualità di responsabile della security del Pistoia Blues Festival che ospitò quella che poi è rimasta la sua unica data nel nostro Paese, il 14 luglio 2007.

Già dal pomeriggio, momento in cui si tenne la sua conferenza stampa, tutti erano stati allertati di non far domande a Gregg riguardanti suo fratello, per evitare di turbare l'artista.
Invece lui stupì tutti, iniziando a parlare proprio del rapporto che lo legava a Duane e di quello che quel meraviglioso musicista gli aveva lasciato.
In pantaloni neri e t-shirt rossa aveva poi gironzolato nella Piazza che avrebbe ospitato il concerto, concedendosi a foto ed autografi.
La sera poi, ricordo che sul palco stava esibendosi il giovanissimo Eric Steckel, che avrebbe preceduto il set di John Mayall, fino ad arrivare a quello, da me attesissimo, di Gregg, venni allertato del fatto che il leader della Allman Brother Band stava arrivando.
Mi avviai verso Via Ripa della Comunità, dove c'è la stretta porticina che da l'accesso ai camerini per andare a scortarlo verso, appunto, i camerini stessi.
Ricordo che vicino a me c'era una mia amica dotata di pass all areas; una bellissima ragazza che, in quell'occasione indossava un vestito leggero e piuttosto attillato, che metteva abbastanza in evidenza le sue forme.
Al momento in cui Gregg scese dall'auto lo salutai e lui mi dette immediatamente l'impressione di essere molto rilassato e gentile, dato che rispose al mio saluto poggiandomi la mano sulla spalla e, dietro ad un bel sorriso, mi disse "Thank you man, thank you".
La mia amica era appoggiata al muro vicino alla porticina e lui la guardò mentre entrava. Vidi sul viso di lei un certo stupore misto ad imbarazzo e, quando lui fu entrato, le chiesi cosa fosse successo; lei mi disse che lo sguardo che le aveva rivolto le aveva fatto quasi provare la sensazione di averci fatto in qualche modo addirittura l'amore; "mi sono sentita come posseduta dai suoi occhi" furono le sue parole esatte.
Il vecchio Gregg non si smentiva mai insomma, il leone riusciva a ruggire ancora e, con il solo peso di uno sguardo, riusciva a far vibrare una giovane e bellissima ragazza.
Prima del suo set si intrattenne un po' con tutti nel backstage, accompagnato dal suo amico di sempre Chank Middleton, l'uomo di colore un po' rasta ed un po' blues, con lui praticamente da sempre, che fungeva da tour manager, amico, accompagnatore e molto altro.
In un momento in cui lo vidi libero mi avvicinai con svariate copie di albums della Allman Brothers Band e suoi dischi solisti, chiedendogli di autografarmeli, cosa che lui fece con molta tranquillità ringraziandomi e dicendomi qualcosa circa ogni disco che gli porgevo.
Una gentilezza che andò oltre ogni aspettativa, confermata anche al momento in cui gli chiesi l'ovvia foto assieme, per me davvero un onore immenso. Mi misi accanto a lui e lui dette la macchina fotografica a Chank poi, mentre eravamo in posa pronti a farci immortalare, scosse la testa e disse che secondo lui in quel punto la luce non era giusta per la buona riuscita della foto, si spostò in due, tre posti diversi, chiedendo a Chank se secondo lui il posto era ok e, quando finalmente trovò il punto che per lui era giusto  mi chiamo ed io, sbigottito, mi misi accanto a lui per scattare quelle due foto che adesso tengo come due delle cose più preziose che ho della mia, oramai lunghissima, carriera.

Il suo set quella sera fu qualcosa di meraviglioso; a luci ancora spente, sulle note di un brano di Robert Cray, salirono sul palco e lui si posizionò dietro al suo Hammond, con Leslie dietro, posizionato in posizione più alta rispetto al resto della Band ed iniziarono le danze con "I'm No Angel" e "Just Before The Bullets Fly".
Ricordo che il mio, mai dimenticato, amico Ernesto De Pascale che era sotto al palco a scattare delle foto e con il quale avevo condiviso migliaia di concerti a partire dal 1972, dopo un po' che mi osservava esclamò che era da un pezzo che non vedeva una tale eccitazione in me durante un concerto.
Il successivo brano, "House Of Blues" riuscì quasi a commuovermi con quel sax e quella voce sul finale.
Concerto meraviglioso insomma.

Ricordo che quando scesero dalla scaletta e si infilarono nel Palazzo Comunale, che durante il Festival, da sempre, funge da backstage, io li accompagnai e chiusi il grande portone dietro di me, rimanendo con loro in attesa che risalissero sul palco. Gregg si tolse la camicia scura che aveva, oramai intrisa di sudore, restando a torso nudo (era ancora piuttosto in forma all'epoca), mostrando tutti i tatuaggi che lo ricoprivano, mischiati ad alcune cicatrici. Si asciugò il sudore e mi guardò sorridendo soddisfatto, mentre indossava una strana t-shirt nera con un grande serpente disegnato davanti.
Mentre lo guardavo pensai che quell'uomo era come circondato da un alone di magia, si muoveva come un vero divo, con quei lunghi capelli biondi che oscillavano ad ogni suo movimento; era senza alcun dubbio il "Midnight Rider" per eccellenza e la sua lunga ed avventurosa vita stavano li a dimostrarlo.

Nel Novembre dello stesso anno, ebbi occasione di assistere ad un concerto a Pisa, al "Borderline" di suo figlio Devon, assieme ai suoi Honeytribe.
Prima del suo set, mostrai a Devon le foto che mi ritraevano assieme a suo padre e lui mi disse che Gregg gli aveva parlato molto della sua data italiana, che era rimasto sbalordito dalla bellezza della location dove si era esibito (Piazza del Duomo a Pistoia) e dal calore e dalla simpatia del pubblico italiano, aveva inoltre detto a Devon che gli sarebbe piaciuto moltissimo tornare ad esibirsi li, in quella Piazza, con gli altri della Allman Brothers Band questa volta.

Purtroppo oggi questo suo desiderio, che era anche il mio e quello di molti appassionati della Band dei Fratelli Allman, resterà appunto un sogno...Dreams...

Adesso purtroppo anche lui se n'è andato, chiudendo quasi un cerchio, quello delle cosiddette Jam Band di cui, assieme a suo fratello, ne fu l'inventore e primo artefice.
Nei giorni successivi alla sua scomparsa, non ho vergogna a dirlo, ho pianto ascoltando i suoi dischi, ho pianto proprio come se se ne fosse andata una persona a me vicina e cara, come forse, in fondo, Gregg lo era davvero.




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