A volte accade che non diamo importanza
a fatti che, al momento che accadono sono, non dico la normalità ma
fanno però parte del vivere quotidiano e che, al momento, non ci
paiono così importanti come invece poi lo diventeranno negli anni a
venire.
Il fatto che vi racconterò, accaduto un secolo fa, è altamente rappresentativo
della cosa che ho appena scritto.
Era il 1968 ed io non avevo ancora
compiuto 12 anni ma già, da un annetto circa, mi ero appassionato
alla musica rock ed ogni occasione era buona per farmi regalare
qualche 45 giri di quelli che a quell'epoca erano i miei complessi
preferiti.
Per lo più ascoltavo quello che veniva
chiamata musica Beat e che in larga parte era proposta da complessi
italiani, però, nella mia piccola collezione, già avevo dischi di gruppi e artisti stranieri, tipo Yardbirds
(adoravo Jeff Beck), Animals, The Who, Bob Dylan ed altri.
Da un po' di settimane era arrivato nel
juke box del barrettino che frequentavo, vicino l'attività
lavorativa dei miei Genitori, un singolo con due brani che non finivo mai di
ascoltare; si chiamava “Hey Joe/ Stone Free” ed erano eseguiti da un
chitarrista di cui mi ero prontamente informato tramite le riviste
dell'epoca, Jimi Hendrix.
Già dall'aspetto, visto da alcune
foto, mi sembrava quasi un marziano, nero, magro e altissimo o almeno
così lo immaginavo, sempre vestito con colori sgargianti, foulard
colorati, stivaletti con tacchi altissimi per l'epoca e numerosi
monili al collo ed alle dita. Mi aveva insomma, con la sola forza di
una canzone e di alcune foto, già conquistato.
Immediatamente acquistai anche il secondo 45 giri che trovai sul mercato, la cui copertina mi rapì immediatamente, con tre ceffi vestiti in maniera impensabile per il nostro Paese a quei tempi, di cui uno in particolare aveva un ghigno sul viso che me lo faceva assomigliare ad un teppista, per cui la mia simpatia per lui fu immediata (si trattava di Mitch Mitchell ed il singolo in questione era "Purple Haze/ 51st Anniversary").
C'è ovviamente da pensare all'Italia
di allora, indietro anni luce rispetto alla vicina Inghilterra, ed
anche alla mente ed agli occhi di un ragazzino non ancora dodicenne
della provincia italiana.
Il massimo della trasgressione erano
stati, fino a quel momento, i Beatles ed i più avvicinabili The
Primitives, The Rokes, The Motowns ed insomma tutti quei complessi
dai capelli lunghi che, con un italiano stentato ci facevano sentire
di appartenere quasi ad una tribù fatta di giovani ribelli.
Quando, un po' di tempo dopo, su “Ciao
Big”, che era una rivista musicale dell'epoca, vidi che veniva
annunciato un breve tour in Italia di Jimi Hendrix appunto e che una
delle date previste sarebbe stata nella non troppo lontana Bologna,
mi misi subito in azione per convincere i miei Genitori a portarmici.
La data cadeva per l'appunto di
domenica ed era il 26 Maggio di quell'anno.
Purtroppo all'epoca mio Babbo gestiva
un'attività lavorativa che lo teneva impegnato anche al mattino
della domenica ed a malincuore dovettero dirmi di no; mia Mamma era
sempre stata infatti appassionata di musica ed in larga parte la mia
passione musicale la devo a lei. In casa sono infatti cresciuto con nelle orecchie le canzoni di Elvis Presley, Little Richard, Jerry Lee Lewis, Frank Sinatra, Louis Armstrong, Ella
Fitzgerald, e dei vari cantanti italiani dell'epoca.
Il mio primo concerto infatti era stato
alcuni anni prima quando, poco più che bambino, i miei mi portarono
a vedere al Teatro Lux di Pistoia, il doppio spettacolo con Adriano
Celentano e i Ribelli e Rita Pavone; era il 1965. In seguito avrei
visto molti altri concerti, spesso pomeridiani, che transitavano nel
Teatro della mia città.
Purtroppo dunque vedevo l'occasione
sfumare, quando ebbi un lampo di genio; avevo un cugino più grande
di me, ne ho già parlato nei miei racconti sul Piper di Viareggio,
locale che lui frequentava e che, grazie alle conoscenze che aveva
con i gestori, riusciva a farmi entrare e, dopo avermi parcheggiato
ad un tavolo con una bibita in mano, mi lasciava a vedermi i
complessi che si esibivano su quelle pedane e lui se ne andava a
corteggiare le ragazzine più carine.
Bene, pensai che lui avrebbe fatto al
mio caso e che sicuramente non si sarebbe fatto pregare per venire ad
accompagnarmi a Bologna al concerto di Jimi Hendrix, visto che
piaceva anche a lui e che proprio lui stesso mi aveva regalato il 45
giri di “Hey Joe”.
Detto fatto, come glielo chiesi mi
rispose subito che non ci sarebbero stati problemi, saremmo andati con la sua fiammante 500, ovviamente dopo il si dei miei Genitori; si
che arrivò senza alcun problema, visto che mio cugino era un
bravissimo ragazzo di 22 anni, in cui i miei avevano piena fiducia.
Nei giorni che si avvicinavano al
concerto sentivo l'eccitazione salirmi, cavolo sarebbe stata la mia
prima trasferta ed ero eccitatissimo dalla cosa, al pari del fatto di
poter vedere un chitarrista straniero e di colore per di più. Tenete infatti presente che anche questa era una cosa che all'epoca rappresentava
qualcosa di quasi esotico per noi ragazzini dell'epoca; avevo si già
visto Rocky Roberts con i suoi Airedales ma questo che mi apprestavo
a vedere prometteva sicuramente di essere qualcosa di molto più
sconvolgente.
Un paio di giorni prima telefonai a mio
cugino per avere la conferma e ricordo la mia delusione quando mi
disse che proprio alcuni giorni prima aveva conosciuto una
ragazza molto carina e che per il giorno del concerto, che in
tutta sincerità mi confessò aver dimenticato, le aveva promesso di portarla a fare
una gita al mare.
Restai deluso ma non più di tanto, in
fondo pensavo che ci sarebbero state mille altre occasioni in seguito
per vedere Jimi Hendrix e capii benissimo mio cugino, che spesso mi
aveva accompagnato a vedere cose che mi interessavano, per cui non gli portai alcun rancore per questo fatto.
La cosa dunque finì li.
Purtroppo, come tutti tristemente
sappiamo, non ci fu per noi italiani altra occasione, oltre quegli
oramai storici cinque giorni di quel lontano Maggio, per vedere il più
grande genio chitarristico della storia del rock e tutti quelli che
hanno assistito ad uno di quei memorabili concerti, lo portano ancora
oggi nel cuore come uno degli eventi che hanno segnato la loro vita.
Molti anni dopo, siamo nei primi anni '90,
possedevo una stupenda Jeep Renegade e, nel mio paese non erano molti
i meccanici in grado di metterci sopra le mani senza dover spendere
cifre che rasentavano la follia.
Ricordo che ebbi un problema alla scatola
dello sterzo e, preoccupato, chiesi ad alcuni amici se conoscessero
qualche buon meccanico in grado di riparare il danno e, soprattutto,
di trattarmi bene con il prezzo.
Uno di questi amici si offrì di
accompagnarmi da un meccanico che conosceva e che, sicuramente, mi
sarebbe venuto incontro con la spesa.
Arrivammo all'officina e mi presentò
al meccanico in questione, un ometto magro, tra i quaranta ed i
cinquanta, con le mani sporche di olio, la barba trascurata, un
cappellino da baseball sudicio calato sulla fronte ed una sigaretta
nell'angolo più lontano nella piega amara della bocca.
Quando il mio amico mi presentò gli
disse: “ Mi raccomando Mario, trattalo bene il mio amico, sai lui
fa pure la sicurezza ai concerti, così magari se un giorno vuoi
andare a vederti qualcosa, lui sicuramente cercherà di farti passare
senza pagare il biglietto”, cose che ovviamente vengono dette così,
tanto per cercare un approccio amichevole. Lui mi guardo con fare
dubbioso, poi si voltò verso il mio amico ed esplose con una frase
che mi lasciò di ghiaccio: “...concerti??? Vaìa, vaìa (tipico
intercalare fiorentino), rammento ancora quando tanti anni fa, dei
miei amici mi portarono a Bologna al Palasport per vedere un
concerto, c'era un negro con un cesto di capellacci che faceva un
casino! Suonava addirittura la chitarra coi denti! Venimmo via dopo
tre o quattro canzoni! Da allora di concerti io ne no ho più voluto
sapere nulla”.
io gli chiesi se il musicista in
questione si chiamasse per caso Jimi Hendrix e lui mi rispose che si,
gli sembrava che si chiamasse proprio in quel modo!
Insomma, aveva visto il mito in persona
e non gli era piaciuto al punto di andarsene prima del termine del
concerto, non ricordandosi poi nemmeno di averlo visto.
Lui aveva avuto questa incredibile opportunità e ne conservava un pessimo ricordo, mentre io avevo visto sfumarmi la possibilità tra le dita e ne avrei invece sicuramente portato un ricordo meraviglioso per tutta la mia vita; davvero paradossale!
C'è un detto delle nostre parti che
dice: è proprio vero, chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha
il pane!
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