lunedì 28 ottobre 2013

Lou Reed and me.

Ieri è scomparso Lou Reed.
Oggi su i vari social network si è scatenata la solita litania che si scatena sempre quando se ne va un Artista.
Inizialmente viene postata la notizia, poi tutti porgono il loro personale omaggio, chi lo conosceva dagli esordi ed aveva seguito tutta la sua carriera e chi, molto numerosi ma non per questo meno rattristati, quelli che conoscevano di lui solo i maggiori successi.
Immancabilmente poi si scatena la gazzara tra quelli che non vorrebbero vedere postate cose ovvie e tra chi, dopo venti-trenta post della stessa canzone, da' fuori di matto chiedendo addirittura di smetterla o, peggio, “consigliando”, non si sa da quale pulpito, quali canzoni postare. Roba da matti.

Io, che ho avuto la fortuna di accompagnarlo svariate volte sul palco per suonare, cercherò di ricordarlo tramite alcuni aneddoti.
Non era un personaggio facile Lou, non lo era per niente.
Piuttosto scorbutico, anche fisicamente scorbutico, con quello sguardo che ti attraversava imperturbabile; non sapevi mai se facevi la cosa giusta, quella che gli sarebbe piaciuta che tu facessi, o meno.
Lo vidi la prima volta dal vivo nel 1980, era il tour che seguiva l'uscita dell'album “Growin Up In Public”, a Firenze, al prato del Quercione al Parco delle Cascine, esattamente il 14 Giugno.
Il prato era stracolmo di gente, gente dappertutto, non riesco a quantificarne il numero, anche perchè le norme all'epoca erano una cosa strana, anzi “non” erano, entravamo tutti, alla faccia della capienza.



Iniziò con “Standing On Ceremony” e “How Do You Speak To An Angel”, proprio dal suo ultimo LP, non mancarono però i suoi innumerevoli classici e ricordo che tornai a casa tardissimo e con l'immancabile cassetta del concerto che mi ero registrato e che mi tenne compagnia per buona parte di quella estate ricchissima di altri concerti memorabili.

Lo persi poi di vista per venti lunghi anni quando, finalmente, l'organizzazione del Pistoia Blues Festival decise di invitarlo alla sua edizione del 2000.
Ricordo che, essendo responsabile della sicurezza del Festival, parlai preventivamente con il suo tour manager, altro tipo parecchio ma parecchio antipatico, che mi informò che Mr. Reed sarebbe salito sul palco, solo se gli garantivo che due persone della sicurezza (una delle quali dovevo essere obbligatoriamente io) fossero state in piedi ai lati del palco ad evitare qualsiasi imprevisto e che Reed sarebbe immediatamente sceso dalla scena se qualcuno del pubblico si fosse azzardato a tirare qualcosa sul palco stesso.
Giudicai legittima la sua preoccupazione ma mi chiesi cosa mai avremmo potuto fare io e l'altro ragazzo della security se qualcuno, putacaso, avesse tirato una moneta???
Vabbè pensai, ok, facciamolo.
Arrivò il momento di salire sulla scena e, una volta accompagnatolo sul palco, ci sistemammo, come aveva chiesto l'antipaticissimo tour manager, ai lati dello stage.
Iniziò il concerto e, immancabilmente, dopo due brani vidi un braccio tra la folla del pubblico che lanciava qualcosa. Tenete presente che la piazza era stracolma di gente ed il lancio fu proprio repentino, tanto da non farmi capire che cosa fosse stato lanciato e da chi.
Lou Reed, con estrema calma, si slaccio' la chitarra, la pose sul supporto e, sempre con una calma pazzesca, si avviò nei cameri, seguito dopo circa trenta secondi, da tutta la band!
Immediatamente arrivò da me, con la bava alla bocca, il tour manager agitandomi davanti agli occhi cento lire (ancora non era entrata in vigore la nuova moneta) !
Strabuzzai gli occhi e gli dissi (“dissi" è un eufemismo, visto che gli ringhiai a due millimetri dal suo inguardabile naso) metà in italiano e metà in inglese, che non ero Buffon che con un tuffo avrebbe probabilmente provato ad intercettare la moneta lanciata (al buio) da una ventina di metri tra una selva di gente e che se entro trenta secondi non andava dietro e costringeva Reed a tornare sul palco per suonare avrei richiamato tutta le security presente e ce ne saremmo andati immediatamente, lasciandolo solo con Reed a spiegare al pubblico il perchè della sua uscita di scena, spiegarlo ad un pubblico che, dopo lo stupore iniziale, stava iniziando ad arrabbiarsi non poco.
Il tipo divenne immediatamente mite e, scusandosi, si precipitò nel camerino da dove riemersi un paio di minuti dopo assieme a Reed che riprese il concerto e suonò alla stragrande tra l'altro.




Ritrovai Lou Reed sei anni dopo, il 1 giugno 2006 a La Spezia, all'interno del “Pop Eye Festival”.
Quella volta un insolitamente sereno Reed, merito forse del suo inseparabile Maestro di Arti Marziali Ren Guang-yi, che anche qui lo seguiva pazientemente e che sembrava davvero infondere al temibile Lou una calma ed una serenità diversa dalla grinta scorbutica che gli avevo riscontrato nel nostro precedente incontro.
Addirittura dopo il concerto, nel backstage, prima di iniziare la sua cena, scherzò con me ed altri della crew, si scattò alcune foto con noi, cosa soltanto impensabile nell'occasione precedente e mi autografò i vinili di “Rock'n Roll Animal” e “New York”.



L'anno successivo, l'8 luglio 2007, nuovo incontro, questa volta volta al “Play Art Festival” di Arezzo, nel suggestivo scenario di Piazza Grande, dove portò in scena una strepitosa versione di “Berlin”.
Ricordo che i camerini erano sistemati in uno stabile distante alcune vie dalla Piazza, per cui avevo predisposto un viaggio in auto con lui attraverso le stradine preventivamente chiuse e piantonate dai miei ragazzi con il contributo delle Forze dell'Ordine, visto che parecchia gente si era assiepata in attesa del passaggio dell'artista.
Bene, auto pronta, sportello aperto; vado a prenderlo nella sua stanza, scendiamo le scale, il suo volto è di quelli che non promettono nulla di buono; arriviamo giù, guarda l'auto, guarda la strada, riguarda l'auto poi guarda me e mi fa: “ i wanna walk !”
Ci facemmo tutta la strada a piedi, con lui che non degnava di uno sguardo nessuno ed io che dovetti sudare le fatidiche sette camicie per tenere lontana la folla.
Sul palco però riuscì a commuovermi e, su “Satellite Of Love” mi si inumidì persino gli occhi (ma non raccontatelo).

L'ultima volta che lo incontrai fu in occasione del Pistoia Blues di due anni fa.
Non era lo stesso Reed, mi apparve stanco, camminava a fatica e non uscì quasi mai dal camerino, dove restò a farsi massaggiare a lungo. Faceva molta meno “paura”, dava quasi l'impressione di dire “sono ancora io, dimostra di aver timore di me, anche se non ne faccio più, aiutami ad essere ancora me stesso...”, lo so, è doloroso ma questa è l'impressione che ebbi.
Anche il suo set mi apparve stanco e, lo confesso, un filo di noia si fece largo in me.
Ricordo (e qui faccio una confessione di un mio piccolo peccato a Lou, che spero da lassù mi perdonerà) che gli rubai alcune barrette proteiche dal camerino, che era però pieno di roba succulenta, tanto pensai, a cosa possono servirgli le proteine, visto che si muove a fatica, mentre io, dopo una intera giornata di lavoro avevo una gran fame.

Bene Lou, adesso anche tu sei andato lassù, ti confesso che mi fa male, un male boia, sapere che non ti incontrerò più quaggiù, perchè l'adrenalina che ti danno le cose e le persone difficili è una droga che da' assuefazione, come la tua Musica che da stamani ascolto ininterrottamente.
Ciao.

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