domenica 28 dicembre 2014

Chuck Berry 1989, storia di un ritardo.

Il Pistoia Blues 1989 stava volgendo al temine, era l'ultima serata di quel 2 Luglio e ci apprestavamo ad accogliere l'ultimo artista in programma del cartellone, ricchissimo, di quell'anno.
Era già piuttosto tardi ed il cambio di palco, che si stava prolungando un po' troppo, stava iniziando a spazientire il numeroso pubblico che riempiva la piazza piena di pubblico che attendeva con impazienza l'arrivo di uno dei veri e propri Re del rock'n roll: Chuck Berry.
Come spesso accade, anche quando non dovrebbe, un po' di pioggerella aveva iniziato a cadere.
Attendevamo l'arrivo di Chuck Berry che, come sempre faceva e tuttora fa, pretendeva di avere a sua completa disposizione una Mercedes ultimo modello, in quel caso trattavasi di un modello 500 SLE.  Non fu un'impresa semplice  per l'organizzazione noleggiarla, visto che quel modello di auto veniva difficilmente noleggiato.
Fu comunque trovata e fu affidata all'artista che, anche questa consuetudine, pretese rigorosamente di guidarla lui stesso.


Berry ed il suo staff alloggiavano allora in un albergo della vicina Montecatini Terme, che dista da Pistoia una ventina di minuti, con una guida tranquilla.
Avrebbero dovuti esser li da una quarantina di minuti, però di loro non c'era ancora nessuna traccia.
Ricordo benissimo il suo tour manager di allora che passeggiava nervosamente, affacciandosi ogni poco in via Ripa Del Sale, la strada dove solitamente arrivavano gli artisti a quel tempo.

Un'ora abbondante di ritardo; pioggia, pubblico che inesorabilmente si stava spazientendo ma di Chuck Berry nemmeno l'ombra.
Dovete pensare che in un epoca in cui non c'erano telefoni cellulari, la comunicazione tra lo staff di un artista che partiva da una località per raggiungere il luogo del concerto, non era poi così semplice.
Fu chiamata la reception dell'albergo di Montecatini, dalla quale confermarono che l'auto, con alla guida Mr.Berry, era partita da circa un'oretta abbondante.
Preoccupazione a mille, sguardi interrogativi, misti a sguardi minacciosi, tra noi dell'organizzazione ed il povero tour manager che appariva sgomento, però niente da fare; Chuck Berry non arrivava.

Improvvisamente dal fondo della stretta strada vedemmo spuntare il muso di una imponente Mercedes, con alla guida Berry stesso che, parcheggiato l'auto in mezzo alla stretta stradina, ne scese con già l'abito di scena indosso, abito di scena che consisteva in una camicia rossa con sgargianti disegni multicolori e, lanciando le chiavi della macchina ad un sempre più sgomento tour manager, si precipitò cavallerescamente ad aprire lo sportello del passeggero seduto accanto alla guida.
Ne scese una signora bionda sulla quarantina abbondante, truccata in maniera abbastanza vistosa e con indosso un abito dall'ampio scollo che metteva ampiamente in mostra un notevole, anche se non più giovanissimo, seno.
La signora in questione sembrava un po' disorientata da tutto quel via vai di persone che si stavano dando un gran daffare (avevano infatti oltre un'ora di ritardo sull'orario stabilito), dal suono degli strumenti che si stavano accordando e dal pubblico che oramai non rumoreggiava soltanto, ma stava gridando e fischiando a più non posso.
Berry cercava con lo sguardo attorno a se; capii che era il momento di presentarmi a lui come il responsabile della sicurezza, cosa che feci con tutta la calma possibile e guardandolo direttamente ed in maniera ferma negli occhi, per trasmettergli quella fiducia che necessitano certi subitanei approcci.
Lui infatti mi sembrò sollevato ed i muscoli tiratissimi del suo viso si rilassarono un attimo.
Nel guardarlo negli occhi capii però immediatamente che costui era un tipo con cui non ci sarebbe stato assolutamente da scherzare, come sapeva benissimo anche Keith Richards che, durante un concerto di un po' di anni prima, pensò bene di fargli una sorpresa, salendo a sua insaputa sul palco, alle sue spalle, per unirsi a suonare con lui. Non l'avesse mai fatto; Berry sentita una presenza dietro di se si era voltato ed aveva centrato il malcapitato Richards con un diretto in pieno volto!

Quella sera però, capito istintivamente che di me poteva fidarsi, Berry mi affidò personalmente quella che in quel momento pareva essere la persona a cui teneva di più, vale a dire la vistosa signora bionda.
Si raccomandò che avesse una sistemazione comoda dietro agli amplificatori direttamente sul palco e, una volta da me rassicurato su tutto questo, andò di filato nei camerini a prendere la sua fida Gibson per salire on stage.
Rimasto solo con la signora in questione le chiesi di seguirmi per farla sistemare sul palco, come da Berry richiestomi.
Lei mi trattenne per un braccio e, guardandomi in maniera interrogativa, mi disse: “Mi scusi, posso farle una domanda?”, alla mia risposta affermativa mi domandò: “...ma chi diavolo è costui???”, al che aprì il palmo della mano destra mostrandomi un rotolo di banconote da centomila lire arrotolate con un elastico e disse “Mi ha dato tutti questi soldi e mi ha detto, tu vieni con me!”
La rassicurai dicendole che, con molta probabilità, al termine della serata avrebbe ricevuto dal signore in questione altro denaro; nel frattempo avrebbe dovuto fare quello che le chiedevo e la feci sistemare sul palco, dietro gli amplificatori, come Mr.Berry mi aveva chiesto...Rock'n Roll!!


Il concerto di Chuck Berry fu una lezione di rock'n roll; i suoi brani, uno dietro l'altro, furono una vera e propria lezione di storia del genere; da “Roll Over Beethoven” a “Sweet Little Sixteen”, a “Maybellene”, all'immancabile “Johnny B. Goode”, “No Particulare Place To Go”, “You Never Can Tell”, insomma tutto quello che ci si sarebbe aspettato da lui, compreso anche il suo celebre “duck walk”, caratteristica camminata fatta saltellando su di una gamba, mentre suona la chitarra, mossa che tra l'altro ha ripreso anche Angus Young degli Ac/Dc.


Terminata la sua esibizione, recuperò armi e bagagli (signora bionda compresa), risalì sulla enorme Mercedes e, sgommando, si dileguò nella notte toscana.

(la foto di Chuck Berry sul palco del Pistoia Blues 1989 è di Michele Lotta)

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