L'occasione è di quelle ghiotte, da non lasciarsi assolutamente sfuggire, direi addirittura epocale.
I King Crimson approdano a Firenze,
nella loro ultima, estrema trasformazione, quella che vede ben tre
batterie (Pat Mastelotto, Jeremy Stacey e Gavin Harrison), basso
(Tony Levin), Sax (Mel Collins) e chitarra e voce (Jakko Jakszyk),
oltre naturalmente al leader maximo Robert Fripp.
La loro precedente ed unica esibizione
nella nostra città risaliva al 3 di Maggio del 1995 all'allora
Teatro Tenda (oggi Obihall), con la formazione denominata Double
Power Trio, senza ovviamente contare quella del 2003 nella vicina Sesto Fiorentino, sempre però provincia di Firenze, nel Parco di Villa Solaria.
Nei pressi del centralissimo Teatro
Verdi, per questa prima data del doppio appuntamento fiorentino, c'è
praticamente tutta la Firenze e dintorni del rock, sono molti i volti
conosciuti ed i saluti si sprecano.
Mi sono addirittura lasciato libero dal mio consueto lavoro di servizio d'ordine, proprio perchè questa è
una data, un appuntamento, che merita attenzione, uno di quei
concerti da seguire attentamente dalla prima all'ultima nota e,
siccome conosco le paturnie di Mr.Fripp riguardo alle riprese
videofotografiche, immaginavo che ai miei colleghi si sarebbe prospettata una
serata decisamente impegnativa dal punto di vista lavorativo, come
infatti poi è stato.
Ci sistemiamo, io e Francesca, in galleria, esattamente frontali rispetto al palcoscenico, palcoscenico che, oltre all'imponente strumentazione, presenta due cartelli laterali che, appunto, invitano il gentile pubblico a spegnere qualsiasi attrezzatura elettronica in possesso, telefoni cellulari compresi.
I musicisti arrivano sul palco come
musicisti di un'orchestra, si prendono la prima standing ovation
inchinandosi a destra ed a sinistra e si preparano imbracciando i
loro strumenti.
Una breve intro da parte dei tre
batteristi e da qui in poi inizierà un qualcosa di epocale.
Si aprono le danze con “Cirkus” da
“Lizard” (1970) e la sequenza dei primi quattro brani mi lascerà
senza fiato.
Dopo il brano iniziale si prosegue con
“The Letter” ed una strepitosa “Sailors' Tale”, entrambi da
“Island” (1971). In Sailors la chitarra di Fripp è come un
mandolino impazzito ed il brano è addirittura sconvolgente nel suo
incedere.
E' però con il quinto brano che la mia
emozione si fa davvero incontenibile; “Epitaph” dall'album di
debutto (1969), disco che comperai appena tredicenne e che,
praticamente, mi aprì un mondo intero, un mondo dove la mia mente
poteva sognare qualsiasi cosa, aiutato da quelle note epiche e
magiche.
Durante quel brano, che ho ascoltato
quasi interamente ad occhi chiusi, sono praticamente entrato dentro
ad una ipotetica macchina del tempo, quello che tutti più o meno
almeno una volta nella vita abbiamo sognato, ed ho fatto un viaggio a
ritroso nel tempo pazzesco.
Ho risentito profumi, rivisto volti e
risentito parole, rivissuto atmosfere lontane anni luce.
Il potere della musica è incredibile e
nei pochi ma interminabili minuti di quell'autentico capolavoro, ne
ho percepito tutta la potenza.
Mi restano nella mente anche una
stratosferica “Easy Money” da “Larks' Tongues In Aspic”
(1972), una delle migliori versioni di sempre, “Larks' Tongues In
Aspic Part II” dall'omonimo disco ed una “In The Court Of The
Crimson King” che, in quanto a emozioni e sensazioni, assieme a
“Starless”, mi ha ripetuto le stesse provate in precedenza con
“Epitaph”.
L'unico brano ma è solo una piccola
parentesi, giustappunto una virgola, se proprio devo trovarla, è
stata la versione proposta di “Red”, dall'album omonimo del 1974
che non mi è piaciuta granchè, non mi è piaciuto in particolare l'arrangiamento delle parti delle tre batteria, batterie troppo in primo piano a
sovrastare le parti di chitarra di Fripp. E' proprio comunque come l'andare a
cercare la pagliuzza in un concerto pressoché perfetto.
Al termine della esibizione, divisa in due set, come precedentemente annunciato da uno speaker, al segnale di Tony Levin che ha preso la sua macchina fotografica per fotografare tutti noi, assieme ad un divertitissimo Robert Fripp che addirittura faceva un video, abbiamo potuto anche noi immortalare la band in quel frangente.
In molti hanno criticato questo aspetto dello spettacolo, il divieto cioè di scattare fotografie e riprendere video dal telefono cellulare; io, al contrario, ho approvato in maniera incondizionata, è stato come un vero e proprio ritorno al passato, quando ai concerti si andava solo ed esclusivamente per godersi la musica. Arriverei persino ad esigere queste ristrettezze per tutti i concerti, perchè a volte non è davvero possibile, per chi voglia godersi lo spettacolo, doverlo fare attraverso le migliaia di braccia alzate, tese a reggere un cellulare.
Al termine del concerto, spettacolare e
che ci lascerà con il buon sapore in bocca per molti giorni a
venire, è stato bellissimo intrattenersi con gli amici, molti sempre
presenti agli appuntamenti che contano ed altri che si vedono un po'
più di rado.
Tra questi, particolarmente piacere mi
ha fatto, anche se lui ai concerti c'è praticamente sempre, vedere
Alessandro, detto “Aquila”, una vera e propria leggenda dei circuiti rock toscani, con cui mi sono scattato una foto
davanti al cartellone del concerto.
Aquila infatti è l'amico con cui, nel
lontano 1973, presi il treno che ci avrebbe condotto in quel di
Reggio Emilia, per poi infilarci dentro al locale Palazzetto Dello
Sport, per il nostro primo, emozionante, appuntamento alla Corte del
re Cremisi. Cosa questa che, di fronte ai numerosissimi giovani
presenti, ci ha fatto sentire un po' come dei veterani di mille
battaglie, come in fondo un po' lo siamo veramente.
Altre sensazioni che tornano a rivivere
but...the road goes on forever!
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