martedì 3 luglio 2012

THE TRIP (and me)


The Trip, una band che, a partire dal primo anno di un decennio fantastico, gli anni '70, ha rappresentato molto per me.
Non starò certo qui a rifare la storia della band, ne' delle sue varie incarnazioni. Non parlerò di Richie Blackmore che fece parte della prima formazione, venuta in Italia per volere di Ricky Maiocchi, ne' della loro discografia,analizzata da altri (nel bene e nel male) in più di un'occasione.
In molti, soprattutto negli ultimi mesi visto che il gruppo si è recentemente riformato, prima della recente, prematura e dolorosissima scomparsa del membro fondatore Arvid “Wegg” Andersen, hanno raccontato la storia di questa band sviscerandone ogni aspetto.
Si è analizzato tutto, dai loro dischi alla loro unica pellicola, quel “Terzo Canale Avventura a Montecarlo” che fotografava alla perfezione quel periodo libero, un po' pazzo e molto ma molto creativo.
Preferisco raccontare quello che sono stati per me The Trip, attraverso il racconto dei miei "incontri" con i loro dischi, i loro concerti e loro stessi come persone.
Farò la “mia” storia dei The Trip, di come li ho scoperti e di come ho avuto modo di ascoltarli dal vivo e conoscerli.
Me and The Trip insomma.


Ricordo che acquistai il loro primo album “The Trip”, con il sottotitolo “Musica Impressionistica”, mentre abitavo ancora nella mia città natale, Pistoia, in un negozio di elettrodomestici di cui non rammento il nome ma rammento benissimo dov'era.
Era bellissimo, perchè all'epoca (1970) i negozi di elettrodomestici avevano il loro angolino riservato ai dischi; angolino che spesso consisteva in un espositore (di quelli girevoli) per LP ed in un paio di cassette di 45 giri messe sul banco vicino alla cassa.
Quello, per me quattordicenne già da un po' alla ricerca di “buone vibrazioni”, costituiva il mio primo “paese dei balocchi”, assieme ad un negozietto di dischi, gestito da un'anziana e dolcissima signora (almeno all'epoca a me pareva anziana, magari con il senno di oggi avrà avuto 40 anni o poco più), situato in centro città.

Ricordo che un giorno, assieme a mia Mamma, la quale doveva comperare un non precisato oggetto da cucina, mi soffermai, isolandomi da tutto il resto come sempre facevo, a scrutare con attenzione gli Lp sull'espositore.
La mia attenzione fu immediatamente catturata da quell'album con la copertina rossa, che lasciava intravvedere quattro volti seminascosti da fumi psichedelici, da una scritta “The Trip” dai caratteri grassi e “cocacolaeggianti” che mi ricordavano tanto l'insegna del locale che, grazie ad un cugino più grande che riusciva a farmi entrare, frequentavo già da due- tre anni soprattutto d'estate, il “Piper Club” di Viareggio e che costituiva per me, davvero la mecca di tutto cio' che cercavo: musica, libertà ed un tocco di ribellione all'ingessato mondo di allora.
Anche quella scritta “Musica Impressionistica” sul retro della copertina, solleticava non poco la mia fantasia, facendomi immaginare di trovarmi tra le mani un qualcosa di culturalmente affascinante.
Fu così che, tirando leggermente la gonna a mia Mamma, la convinsi a sborsarmi le 1.800 lirette per acquistare il disco, con l'ovvia promessa che non avrei passato il pomeriggio e la sera ad ascoltarlo ma avrei studiato anche un po'. Promessa ovviamente mantenuta solo in parte, dato che dedicai molto del mio tempo all'ascolto del disco che mi colpì molto per le soluzioni sonore assolutamente all'avanguardia, eccetto che per quell'ultima canzone cantata in italiano, che mi riportava un po' ai terreni più sobri della canzonetta all'italiana.
Le tastiere di Joe, la chitarra di Billy, il basso pulsante di Wegg ed il drumming potente di Pino stimolavano la mia fantasia.
Fu un gran bell'acquisto di cui non mi pentii.





L'anno successivo, il 1971, era già accaduto qualcosa. La spontaneità, in noi giovani ascoltatori, la voglia di scoprire cose nuove, era già stata appagata dalle numerose novità che venivano dall'oltremanica. Avevamo già assaporato gli Emerson, Lake & Palmer, i Jethro Tull, i King Crimson e tutte le altre glorie della musica pop di quel periodo fantascientifico che fu il passaggio dagli anni '60 al nuovo decennio. Tutto cio' aveva creato in noi italiani un fenomeno che si è poi protratto per lunghi anni; un fenomeno, a mio avviso, piuttosto deleterio, vale a dire l'esterofilia.
Tutto quello che veniva dall'Inghilterra andava bene, di contro,tutto cio' che veniva prodotto dalle nostre parti no.
Fortunatamente non sono mai stato colpito da questo virus malefico e, a parte gruppi che erano davvero “di grana grossa”, per usare un eufemismo, amavo ed ammiravo anche quello che producevano alcune nostre vecchie glorie, che dalla canzonetta si erano riciclati in pop (o progressive, per far capire ai giovani di oggi di cosa stiamo parlando), come i New Trolls o Le Orme, tanto per fare un paio di esempi di complessi (altro termine oggi desueto) di cui avevo acquistato i rispettivi LP proprio in quell'anno.

Mi trovai un pomeriggio a passare da “Gavazzi”, altro negozio di dischi della Pistoia dell'epoca, adesso perso nella memoria e, guardando tra le copertine dei long playng, mi cadde lo sguardo su una copertina meravigliosa, una copertina raffigurante Caronte, il mitico nocchiero, disegno che ricordavo aver visto in un librone del Babbo che troneggiava nella sua libreria, una “Divina Commedia” rilegata e pesantissima che aveva attirato la mia attenzione soprattutto per le illustrazioni meravigliose.
Questa volta Caronte aveva il pube avvolto in uno straccio che rappresentava la bandiera inglese ed in basso a sinistra apparivano The Trip, avvolti in teli bianchi, che facevano apparire anch'essi come creature celestiali.
Li per li, la tentazione fu di acquistare il disco ma poi, vista l'esterofilia imperante che circolava tra i miei amici, con i quali dividevo gli ascolti (ogni volta che uno di noi acquistava un disco, venivano subito invitati gli amici per ascoltare ripetutamente il disco tutti assieme, commentandolo e facendo una specie di recensione ciascuno; ne ricordo un paio un po' più grandi di me che erano davvero cattivissimi), pensai che forse era meglio desistere, non avevo voglia di stare a “difendere” una mia scelta.
La sera nel mio letto mi detti più volte di stupido e pensai che il mio carattere non avrebbe sopportato il fatto di non comprare un qualcosa che probabilmente non sarebbe piaciuto agli altri.
Al mattino successivo la prima cosa che feci appena uscito da scuola (fortunatamente uscivamo due ore prima) andai da Gavazzi, mi feci imbustare il disco e me lo portai a casa.
Ricordo che mi piacque tantissimo, risultò molto più immediato e “Rock” del precedente. Anche i miei amici, che inizialmente storsero il naso, successivamente apprezzarono il disco.
Ho sempre pensato che, per alcuni di loro, il dover ammettere che era davvero un gran bel disco, era mitigato dal fatto che The Trip erano una formazione per metà italiana e metà inglese!


Racconto una piccola curiosità: all'epoca della ristampa di "Caronte" da parte della "Contempo Records" di Firenze, attorno alla metà degli anni '80, fui contattato da Giampiero, il "patron" dell'etichetta toscana, il quale mi contattò perchè non riuscivano a trovare una copia del disco per poter ristampare la copertina originale (copertina che poi purtroppo è stata ristampata con le foto delle pagine interne al rovescio, vale a dire quelle che erano a destra vennero messe a sinistra e viceversa e il "taglio della busta per estrarre il disco,da interno che era divenne esterno); io, ovviamente, prestai la mia copia volentieri. La mia copia però aveva un piccolo problema, siccome la carta della cover era molto "leggera", per rinforzarla (eravamo nel 1971) vi applicai un filo di scotch sulla costola.
Giampiero mi disse che non sarebbe stato assolutamente un problema e che, con "varie tecniche", sarebbero riusciti a non farlo notare nella ristampa. Così non fu, per cui chi possiede una copia del LP ristampato dalla "Contempo Records", potrà notare sulla costola dell'album in questione, una riga un pochettino più scura; bene, quello è lo scotch che io applicai sul disco in quel lontano 1971 e che ancora fa bella mostra di se sulla mia copia originale, in questo caso "divenuta" molto più originale ed "importante" di altre.




Nella primavera del 1972 comperai il loro terzo disco, questa volta non ci fu neppure bisogno di essere conquistato dall'ennesima stupenda, questa volta davvero innovativa ed incredibile, copertina.
“Atlantide” ricordo che mi conquistò innanzitutto per un motivo: la nuova formazione, senza più il chitarrista Billy Gray (non sostituito) ma con un batterista nuovo di zecca, Furio Chirico.
Dovete sapere che proprio in quegli anni anch'io suonavo la batteria (ed a quanto dicono, quelli che si ricordano, neppure male; ero un batterista che aveva dalla sua una “botta” notevole) e, quando ascoltai Furio, capii che quello era il modo in cui avrei voluto suonare il mio strumento; addirittura incredibile!
Un'altra ragione che me lo faceva sentire più vicino era il fatto che Furio aveva appena due anni più di me, per cui io sedicenne mi trovavo ad avere come idolo, non un veterano, bensì un diciottenne!
“Atlantide”, disco registrato con la formazione a tre, che avvicinava la band a formazioni quali EL&P appunto, disco fondamentale, autentica pietra d'angolo, della loro discografia.




Ad agosto del 1972 si svolse al Piper 2000 di Viareggio un'estate indimenticabile di concerti (cito soltanto alcuni nomi come Van Der Graaf Generator, Genesis, Patto, Audience, Amazing Blondel, Brian Auger, Ufo, Rory Gallagher, più praticamente tutti i migliori complessi pop italiani).
Non me ne persi nemmeno uno!
Dopo il concerto che sancì praticamente la fine delle mie vacanze assieme ai miei Genitori, il 20 Agosto il concerto dei Genesis, convinsi i miei a lasciarmi due giorni ancora da solo al mare, per poter vedere il concerto dei The Trip.
Mentre ero sul prato davanti al locale ad aspettare che si aprissero le porte del locale stesso per l'inizio del concerto pomeridiano (ne eseguivano due, uno al pomeriggio e l'altro alla sera), iniziò a circolare la voce che il concerto sarebbe stato annullato.
Non so bene il perchè, forse per mancanza di pubblico, effettivamente eravamo a fine Agosto ed eravamo in pochini li sul praticello ad aspettare, fatto sta che la voce stava iniziando tristemente a divenire una certezza.
Mentre ero ancora in attesa speranzosa vidi avvicinarsi a me e ad un altro gruppo di ragazzi in attesa, una figura familiare; nientemeno che Billy Gray, l'ex chitarrista dei Trip che si sedette li assieme a noi e ci raccontò, dopo ovviamente essersi presentato, della sua futura carriera solistica e di un suo LP di prossima pubblicazione, dalle forti tinte Blues, “Feeling Gray”, disco che acquistai poi successivamente.
Sconsolato me ne andai verso la stazione con la tristezza di non aver potuto aggiungere alla favolosa lista dei concerti di quella irripetibile Estate, anche quello dei miei amati Trip; non avrei dovuto però aspettare ancora molto.




Nel Settembre di quell'anno, più precisamente il 5 Settembre 1972, mi arrivarono all'orecchio, notizie di un concerto, una specie di piccolo Festival Pop che si sarebbe dovuto tenere allo Stadio di Prato, città vicino a dove abitavo (con i miei ci eravamo trasferiti nel frattempo da Pistoia a Sesto Fiorentino).
Le notizie erano semplicemente dei passaparola; sulla carta stampata non c'era traccia; sui settimanali musicali, nella fattispecie “Ciao 2001” tanto meno; eppure, se era vero, sarebbe stato un evento memorabile, infatti, a quanto dicevano, si sarebbero dovute esibire ben tre bands, tre autentici nomi di rilievo del panorama Pop di allora: Banco del Mutuo Soccorso, Osanna e, appunto, The Trip!
Un po' dubbioso, presi il mio “Ciao”, allora mio unico mezzo di locomozione, e indossati i miei jeans a campana tutti rattoppati, mi diressi nel primo pomeriggio verso lo Stadio di Prato.

Arrivato li, entrai senza alcun problema (il concerto previsto era gratuito e ancora non esistevano i servizi di sicurezza, quello che poi sarebbe diventato il mio futuro lavoro). Mi infilai immediatamente nel backstage, che erano praticamente dei camerini sotto la tribuna e, riconobbi subito la sagoma inconfondibile di Francesco “Big” Di Giacomo del Banco del Mutuo Soccorso, che avevo conosciuto un paio di mesi prima al Piper 2000 di Viareggio in occasione del loro concerto e che, addirittura, aveva dato uno stappo a me e ad un paio di miei amici, con il furgone del complesso (ed il resto della band) fino alla Stazione ferroviaria per prendere l'ultimo treno che ci avrebbe riportati a casa.
Francesco mi riconobbe immediatamente e mi salutò calorosamente, introducendomi, con mia grande emozione a Joe Vescovi, con cui stava tranquillamente chiacchierando.
Joe mi apperve subito come un qualcosa di quasi extraterrestre, la sua lunghissima chioma bionda, la barba e quel suo incedere quasi da personaggio mitologico, era insomma proprio come me l'ero immaginato.
Considerate che all'epoca non era come adesso in cui basta andare sul canale youtube per vedere in azione qualsiasi musicista; all'epoca le uniche cose che avevamo per “vedere" i nostri idoli erano i loro dischi e le foto dei giornali, in quanto anche radio e televisioni badavano bene di mostrarceli, se non in qualche rarissimo e fulmineo filmato più che altro riguardante il “costume” e questo strano mondo fatto di hippies e capelloni.
La nostra immaginazione faceva il resto e spesso le figure che cercavamo di immaginare assumevano aspetti appunto quasi mitologici.
Ricordo che al concerto serale i Trip sbalordirono me ed i miei amici presenti (si, anche quello che storceva un po' il naso su Caronte), presentando Atlantide nella sua interezza. Dal vivo non perdeva un'oncia del suo fascino, anzi.
Furono stupefacenti anche i set del Banco, che avevo visto giusto due mesi prima appunto e degli Osanna, che avevano da poco fatto uscire il loro “Preludio, Tema, Variazioni, Canzona” colonna sonora del film “Milano Calibro 9”.
Nel Novembre dello stesso anno, fu annunciato uno spettacolo (eh si, venivano chiamato così, oltre che “recital”, “show”, ecc.) dei Trip ad un locale di Firenze, che tuttora esiste e che si chiama “Meccano'” ma che allora si chiamava “Chalet i Tigli”.
Ci dirigemmo al locale, per il concerto che si sarebbe svolto al pomeriggio, quel 19 Novembre 1972, assieme ai miei amici Ernesto e Maurizio.
Preceduti da un complesso locale, tali Pico & Bob Rose, arrivò il momento tanto atteso dei The Trip.
Ci sedemmo a terra, io proprio davanti alla batteria di Furio e ci gustammo il concerto.
Joe con l'Hammond a sinistra, Furio e la sua batteria al centro e Wegg con uno stupendo Fender Precision degli anni '50 a destra.
Iniziarono subito con una spettacolare “Caronte I” in versione a tre. Seguì la totale esecuzione della suite “Atlantide” con assolo incredibile di batteria di Furio a cui al termine del concerto strinsi la mano complimentandomi con lui per la sua tecnica, assolutamente inconfondibile. Furio, gentilissimo, mi regalo' una bacchetta incerottata ( e pesantissima), bacchetta che portai con me nella sacca delle bacchette che portavo alla cintura quando suonavo, come faceva anche lui, per lungo tempo.
L'anno successivo ricordo che al termine di un'estate molto più avara di quella precedente in fatto di appuntamenti live (il Piper aveva chiuso tramutandosi in music hall e cambiando pure nome da Piper a Caprice), mi recai assieme ad una amica alla pista di pattinaggio nella pineta viareggina.
Era una sera di fine Agosto e, strano ma vero, scorsi Wegg appoggiato alla balaustra intento a fumarsi una sigaretta ed a guardare la gente che pattinava.
Non so cosa facesse li da solo e non glielo chiesi; ricordo però che mi fermai a parlare con lui, dopo avergli presentato la ragazza che era con me, raccontandogli, come un fiume in piena, delle due volte che lo avevo visto con i Trip e di quanto mi piacessero i suoi dischi ed il suono del suo basso.
Lui fu gentilissimo e molto simpatico e restò li con noi a trascorrere la serata.

1972-2010, a 38 anni di distanza ho l'occasione di incontrare nuovamente The Trip che nel frattempo si sono riformati.
Grazie a facebook ed alle nuove tecnologie di comunicazione, oggi è possibile essere in contatto con chiunque e, tra i tanti musicisti, complice anche il lavoro che faccio, con cui sono in contatto, ho modo di conoscere e stimare anche quel vecchio leone di Joe Vescovi.
Dopo una lunga frequentazione telematica, dove abbiamo modo di conoscerci e stimarci a vicenda, e dopo alcune lunghe chiacchierate al telefono, Joe mi invita a Milano per le prove generali di quella famigerata “Prog Exhibition” che si svolgerà a Roma di li a poco.
Carico la mia amata Fruz (la mia ragazza) in macchina e ci dirigiamo verso Milano, alla volta della Blueshouse.
L'incontro con Joe, Furio ed i due nuovi membri della band Fabrizio Chiarelli (voce e chitarra) e Angelo Perini (basso) è piacevole ed è come se dei vecchi amici si incontrassero (in fondo è così, come Joe mi ha confessato, c'è sempre un rapporto molto speciale con i fans dell'epoca) e, dopo i saluti ho modo di ascoltare la band in azione.


Purtroppo manca Wegg che è dovuto andar via prima (abitava in Svizzera).
La band dal vivo non ha perso assolutamente lo smalto di un tempo e, grazie ai due giovani innesti, il sound si è leggermente indurito di una vena ancor più Rock che non guasta, anzi.
Furio è una macchina da guerra e le tastiere di Joe riportano la mia mente a giorni lontani ma mai realmete dimenticati.
Rivedo gli amici di un tempo, risento i profumi e le sensazioni di allora ascoltando Caronte e Two Brothers.
Dopo le prove una bella pizza ed una birra tutti assieme ci servono per ricaricarci in vista del viaggio di ritorno.
Grazie amici di aver rimesso in moto la macchina The Trip, una macchina che non risente del logorio del tempo, come invece succede, purtroppo, ad altre formazioni (non faccio assolutamente nomi) di quell'epoca, che restano invece irrimediabilmente legate a quegli anni.
Non è così per The Trip. La loro musica è tuttora attuale e fresca.


Purtroppo Wegg non è più tra noi e purtroppo non ho avuto modo di reincontrarlo. Rimango a quella stretta di mano finale in quella sperduta pista di pattinaggio di 37 anni prima.
Gli avrei chiesto sicuramente che cosa ci faceva in quella fine Estate a Viareggio, da solo, appoggiato ad una balaustra di una pista di pattinaggio.
Chissà se se lo sarebbe ricordato.


(La foto "tonda" è una cartolina promozionale appartenente alla collezione privata di Silvano Martini.
La foto degli albums è una parte della collezione riguardante la discografia dei The Trip appartenente a Martini Silvano.
La foto con Pino Sinnone è stata scattata al "Piper 2000" di Viareggio il 13 Luglio 2013.
Le due foto che mi ritraggono assieme a Joe Vescovi, Fruz e Furio Chirico, con in mano la copia originale di "Atlantide", sono state scattate al "Blueshouse" di Milano il giorno 27 Ottobre 2010)


2 commenti:

  1. Un bel ricordo di un gran bel gruppo! La copertina di Caronte è bella assai ma quella di atlantide forse ancora di più!

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    1. Ho amato moltissimo tutte e due le copertine ma anche quella del primo LP che, come ho detto, suscitò in me ragazzino un fascino incredibile.

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